Philosophie des Leibes. Die Anfänge bei Schopenhauer und Feurbach – JESKE; KOBLER (V-RIF)

JESKE, Michael; KOβLER, Matthias (Org.). Philosophie des Leibes. Die Anfänge bei Schopenhauer und Feurbach. Würzburg: Königshausen & Neumann, 2012. (Beiträge zur Philosophie Schopenhauers). Resenha de: CIRACÌ, Fabio. Voluntas – Revista Internacional de Filosofia, Santa Maria, v.3, n.1/2, p.348-351, 2012.

Il prezioso volume raccoglie gli interventi tenutisi per la conferenza Schopenhauer e Feuerbach: Beginn einer Philosophie des Leibes, svoltasi il 21 settembre 2010, in occasione del 150° anno dalla morte di Arthur Schopenhauer. Tema centrale, la riflessione filosofica di Schopenhauer e di Feuerbach sul “corpo”, in tedesco Leib, termine che indica esplicitamente la sua appartenenza etimologica e semantica al concetto di Leben, vita, e che si distingue da Körper, corpo in quanto oggetto della fisica. Nelle lingue romanze è possibile distinguere il Leib dal Körper a patto di ricorrere a delle perifrasi: “corpo vivo” per il primo e “corpo fisico” per il secondo. Oppure è possibile evincere il significato puntuale del termine dal contesto in cui si trova. Ma in filosofia le parole sono al contempo le pietre angolari di un sistema concettuale e il campo gravitazionale nel quale sono attratti ed orbitano altri filosofemi fra loro interconnessi. Nella fattispecie, la Leib-Problematik diviene una chiave di lettura significativa per la comprensione del cambiamento paradigmatico e prospettico messo in atto dalla filosofia di Feuerbach, prima, e poi di Schopenhauer (Die Anfänge bei Schopenhauer und Feuerbach come recita il sottotitolo del volume), cui fanno seguito quella filosofica e morale di Nietzsche, e in seguito quella psicoanalitica di Freud: una vera e propria rivoluzione rispetto al processo logico-ontologico dello spirito hegeliano, che propone un’inversione predicativa, ontologica ed epistemologica, fra il mondo della vita e quello dell’astrazione (le idee), privilegiando il primo e ancorando la riflessione filosofica all’esperienza, riportando cioè l’uomo alla sua dimensione naturale, come vuole Feuerbach, senza mai ridurlo ad oggetto fra gli oggetti, a cosa fra le cose, come scrive Schopenhauer. Il Leib, quindi, diviene il passaggio obbligato di una riflessione che voglia confrontarsi con il mondo della natura e con i progressi delle scienze empiriche, che voglia comprendere la dimensione umana e che possa al contempo fungere da principio fondativo di un nuovo sistema filosofico. La modernità della “scoperta del corpo” da parte di Feuerbach e di Schopenhauer, allora, è portatrice di un cambiamento di impostazione che va oltre il proprio sistema e che investe anche la posterità, come dimostra la riflessione che, a partire da Feuerbach e Schopenhauer, svilupperanno filosofi come Merleau-Ponty e Max Scheler.

Riassumendo brevemente il contenuto del volume, esso consta di dodici saggi che sviluppano tutti un aspetto legato al Leib, sia dal punto di vista degli effetti (Wirkungsgeschichte), sia dal punto di vista teoretico-epistemologico.

Il volume si apre con un saggio firmato da Alfred Schmidt, il grande discepolo di Horkheimer ed erede della Franfurter-Schuler recentemente scomparso, e sviluppa in maniera diacronica lo sviluppo del concetto di corpo in diversi autori, Von den philosophischen Ärten des 18. Jahrhundert zu Feuerbach, Schopenhauer und Nietzsche. Per Schmidt «tre pensatori tedeschi del diciannovesimo secolo devono essere considerati come coloro che hanno rivelato il significato specifico e filosofico del concetto della corporeità dell’uomo: Feuerbach (1804-1872), Schopenhauer (1788-1860) e Nietzsche (1844-1900)» (p. 39). Più di chiunque altri, i tre filosofi hanno scandagliato le profondità dell’umano interrogando il corpo sulle questioni della natura, dell’essenza dell’uomo, della sua costituzione fisiologia e psicologica, senza cedere a soluzioni riduzioniste e positivistiche, che pure hanno dominato l’Ottocento, ma tendendo sempre sveglio il senso critico, la questione della soggettività e l’imperscrutabilità della coscienza umana.

Con il suo saggio Leib und Willensbegründung bei Schopenhauer, l’esperto tedesco di indologia e studioso schopenhaueriano Stephan Atztert (University of Queensland) indaga la metafisica della volontà a partire dalle sue basi fisiologiche e psicologiche, in relazione alle fonti scientifiche cui Schopenhauer ricorre, mostrando come avvenga il passaggio dalla sfera della sensibilità (irritabilità dei muscoli) a quella della percezione (affezioni della volontà), ponendo particolare attenzione alle due opere schopenhaueriane Nella volontà della Natura (1836) e alla seconda edizione della Qua [DR] uplice radice del principio di ragion sufficiente, e ipotizzando una fondazione metafisica della volontà che parte dall’analisi empirica del corpo.

Nel suo Zur Bedeutung des menschlichen Leibes und der Sinnesfunktionen in Schopenhauers Metaphysik des Schönen, Brigitte Scheer (Frankfurt am Main) trasferisce invece l’analisi della corporeità nell’ambito dell’estetica, mostrando come il corpo funga da intermediario fra il mondo esterno e l’autocoscienza individuale attraverso le funzioni dell’intelletto, e come la sospensione della coscienza del corpo nell’oggettività della coscienza sia la condizione necessaria per l’intuizione estetica.

Il giovane studioso Daniel Schubbe (Hagen) si concentra sulla Schopenhauers verdeckende Entdeckung des Leibes – Anknüpfungspunkte an phänomenologische Beschreibung der Leib-Körper-Differenz, riportando l’attenzione sulla doppia valenza fenomenologica del concetto di corpo, come oggetto della rappresentazione e soggetto della volontà, e mettendo in risalto la distanza di Schopenhauer dalla definizione positiva di corpo come semplice oggetto della fisica. Distanza che permette alla filosofia di Schopenhauer di inserirsi nel solco della tradizione della Lebensphilosophie e, attraverso l’analisi fenomenologica della vita, di segnare la strada che porta alle cosiddette filosofie dell’esistenza.

Nel suo Schopenhauer und Merleau-Ponty – Eine erste Annäherung, Daniel Schmicking (Mainz) propone un confronto testuale e concettuale fra i testi schopenhaueriani e quelli dell’autore de La filosofia della percezione, mostrando come in entrambi i pensatori, la centralità del corpo sia la chiave interpretativa del mondo e svolga un ruolo centrale per la comprensione dello status fenomenologico dell’uomo. In questa prospettiva Schmicking riprende la tesi di Schopenhauer come “primo esistenzialista” ante litteram, tesi già enunciata in Germania da Alwin Diemer nel 1962 (ma sostenuta in precedenza anche dall’italiano Moretti-Costanzi negli anni Quaranta) e poi accettata, in misura e maniera diversa (e pur con qualche legittimo dubbio), da numerosi, anche autorevoli, studiosi di Schopenhauer, come per esempio da Arthur Hübscher.

Più breve, ma altrettanto interessante l‘intervento di Claus-Artur Scheier (Braunschweig) sul rapporto fra Logik, Leib und Sprache in Schopenhauer e Feuerbach, al quale segue il saggio del francese Jean Salem su Der Materialismus, der Leib.

Christine Weckwert (Berlin) con Die Leib Thematik bei Feuerbach e Francesco Tomasoni (Vercelli) con Sinnlichkeit und Wille in der Ethik Feuerbachs mit Bezug auf Schopenhauer sviluppano invece il tema del corpo alla luce della dialettica feuerbachiana del io-tu, mentre Michael Jeske (Frankfurt a. M./Mainz), in Zur Aktualität von Feuerbachs existenziellem Leibbegriff im Kontext psychoanalytischer Fragestellung, e Bernard Görlich (Wiesbaden), in Freud: die Leiblichkeit des Unbewussten, si concentrano più sugli sviluppi che le filosofie di Feuerbach e di Schopenhauer hanno avuto su Freud e sulla psicoanalisi più in generale. In particolare, riprendendo l’impostazione teorica di Alfred Schmidt, Jeske dedica un’attenta analisi all’ermeneutica del corpo di Feuerbach, sostenendo la tesi di un’evoluzione sociogenetica della teoria della coscienza in Feuerbach, e mostrando il suo collegamento con la psicoanalisi freudiana attraverso un attento confronto testuale ed ponderoso apparato di note.

Di particolare interesse risulta essere il contributo di Günter Gödde (Berlin) e Michael B. Buchholz (Göttingen) dal titolo Das Denken des Körpers – Varationen von Schopenhauers und Nietzsches Leibphilosophie über die Psychoanalyse bis in die gegenwärtige Kognitionsforschung, in cui i due autori ricostruiscono storicamente la concezione di corpo, soprattutto in Schopenhauer e Nietzsche, per rapportarsi alla visione della sessualità nel pensiero freudiano, come radicalizzazione del concetto di corporeità, il quale a sua volta è condizione di quell’enbodiment che condizionerà la riflessione di pensatori contemporanei, fra di loro anche molto diversi, come Hellmuth Plessner, George Lakoff, Mark Johnson. Il problema del corpo o della “corporizzazione” della mente viene infine ripreso e discusso anche alla luce del recente dibattito apertosi intorno al fortunato volume di Damasio, Il problema di Cartesio.

Ma il tema della centralità del corpo nell’attuale riflessione filosofica rimane infondo ancora aperto e problematico, ancora una volta banco di prova di ogni riflessione teorica ed epistemologia seria, ed in ogni caso un’ineludibile pietra di confronto della riflessione filosofica contemporanea.

Fabio Ciracì – Professor na Università degli Studi del Salento (Lecce-Itália). Secretário do “Centro interdipartimentale di ricerca su Arthur Schopenhauer e la sua scuola”. E-mail: [email protected]

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[DR]

 

 

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