Il Novecento della Cucirini Cantoni Coats. Lavoro/ territorio e conflittualità nella parabola lucchese della multinazionale tessile | Federico Creatini

Il nuovo volume di Federico Creatini1 , contenente un saggio di Andrea Ventura2 , ricostruisce le vicende della Cucirini Cantoni Coats, succursale lucchese della nota impresa multinazionale produttrice di filati con sede in Scozia, sino ad oggi oggetto di un interesse limitato e sporadico da parte della storiografia, presentando i risultati di un progetto di ricerca biennale promosso dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca e dedicato a ricostruire le vicende dello stabilimento e, più in generale, la memoria collettiva della vita di fabbrica nella città di Lucca. L’opera recepisce gli spunti offerti dal dibattito metodologico che ha interessato negli ultimi anni la storia del lavoro, che, superate le strettoie di un approccio rigidamente operaista (e marxista), si è aperta agli stimoli provenienti dalla global history, dalla storia di genere e dalla storia della conflittualità sociale e della subalternità3 , rileggendo le vicende sindacali e le trasformazioni aziendali della Cucirini Cantoni Coats alla luce di processi socio-culturali e ambientali più complessi, tanto di livello micro che di livello macro4.

Il volume, inoltre, contribuisce ad arricchire l’ampio filone della public history del lavoro operario, un genere che è cresciuto negli ultimi anni ma che trova le sue radici negli studi sulla vita di fabbrica avviati negli anni Ottanta da Maurizio Gribaudi e Franco Ramella5, analizzando la memoria pubblica e privata dei conflitti lavorativi e del complesso rapporto tra azienda e territorio, anche attraverso il ricorso a fonti orali6.

Il volume prende in considerazione un arco di tempo lungo che, ricapitolate brevemente le vicende relative al tardo Ottocento e ai primi anni del secolo successivo, copre il periodo compreso tra il biennio rosso (1919-1921) e i primi anni Novanta, facendo ricorso a una vasta gamma di fonti che include risorse archivistiche, articoli di giornale e, come accennato, testimonianze orali raccolte tra ex-operai della fabbrica.

La monografia di Creatini è preceduta da un saggio di Andrea Ventura su Le origini del sindacalismo alla Cucirini Cantoni Coats, nel quale si contestualizzano le vicende sindacali dello stabilimento nel più ampio percorso storico vissuto dai movimenti dei lavoratori lucchesi tra la fine dell’Ottocento e l’avvento del regime fascista, evidenziando il ruolo del sindacalismo bianco e definendo la dimensione conflittuale spesso prevalente nelle relazioni tra operai e parte padronale (ma anche tra le leghe e l’ala conservatrice del PPI), fino all’esposizione dello scontro sociale durante il biennio rosso.

Nel primo capitolo della parte monografica curata da Creatini, sono ricostruite le vicende della Curicini Cantoni Coats dall’avvento del fascismo fino al termine del secondo conflitto mondiale, ricostruendo i principali provvedimenti assunti dalla direzione aziendale nel tentativo di assecondare i trend economici globali e far fronte alle difficoltà create dalla crisi del Ventinove, dalla svolta autarchica e, infine, dalla guerra, compensando la scarsità di fonti consultabili con un’accurata analisi dei dati disponibili. In questo capitolo, si evidenzia come l’azienda abbia sfruttato a proprio vantaggio i legami con i vertici nazionali del PNF e abbia regolato i rapporti con i dipendenti inizialmente all’insegna di un “paternalismo” di matrice anglosassone e, soprattutto dopo la svolta autarchica, con un livello crescente di coercizione, che non risparmiava neppure le donne impiegate in azienda, inizialmente oggetto di forme di tutela ad hoc.

Il secondo capitolo riconnette la ripresa delle attività della fabbrica alle questioni sociali ed economiche apertesi nei difficili anni del dopoguerra, sottolineando come la Cucirini Cantoni Coats, nel confronto con altre realtà analoghe, riuscì a ripristinare la produzione in modo particolarmente rapido ed efficiente, anche grazie agli aiuti internazionali concessi dall’UNRRA, mentre l’ala moderata e cattolica del sindacato (la futura CISL) conquistava crescenti consensi tra gli operai, almeno fino alle vertenze che si svilupparono tra 1963 e 1968 su iniziativa della CGIL e che discendevano in larga parte dall’incapacità della dirigenza di fornire una risposta concreta alla richiesta di migliori condizioni di lavoro da parte degli addetti, che andasse al di là delle consuete iniziative di stampo paternalistico.

Nel terzo capitolo si affronta l’importante snodo degli anni Settanta, caratterizzato dall’iniziale tentativo dei vertici aziendali di “riportare all’ordine” i leader del movimento sindacale e dalla difficile gestione degli effetti della crisi economico-finanziaria di portata globale; come sottolineato dall’autore, inoltre, il decennio segnò il punto più alto della riflessione sindacale sul ruolo della Cucirini Cantoni Coats nel contesto lucchese e sulla necessità di una maggiore integrazione tra fabbrica e territorio, che passasse attraverso una crescente tutela dei diritti civili e politici dei lavoratori e, soprattutto, delle lavoratrici.

Il capitolo si chiude ricostruendo le ultime vicende dello stabilimento, colpito da una severa crisi nel corso degli anni Ottanta e infine delocalizzato in Ungheria su decisione della casa madre, segnando peraltro anche una sconfitta per il movimento sindacale locale.

Complessivamente nell’opera, anche grazie a una periodizzazione decisamente ampia rispetto ad altri studi monografici prodotti da storici del lavoro industriale, si evidenzia come la Cucirini Cantoni Coats abbia rappresentato il crocevia di percorsi di vita emblematici delle diverse epoche attraversate dalla fabbrica, ma anche il perno di interessi economici, progetti politici, questioni sociali che si radicano nel contesto peculiare della Lucchesia e, pure, rispecchiano dinamiche di carattere sovranazionale, riflettendo in questo l’“urgenza” di una storia del lavoro insieme locale e globale, della quale abbiamo fatto cenno in precedenza.

Grazie all’accostamento di fonti diversificate, il testo affronta esplicitamente la “questione del metodo” emersa a seguito della transizione da una storia del lavoro fortemente politicizzata e quasi “apologetica” nei confronti dei movimenti sindacali ad una visione pluralista e laica, evidenziando tuttavia come alcune tipologie di fonti, e specialmente quelle orali, non consentano (e spesso non rendano neppure auspicabile) un’indagine dei fatti oggettiva e “depurata” dai condizionamenti ideologici, optando dunque per una ricostruzione nella quale storia e memoria non solo coesistono con le proprie specificità ma si sostanziano reciprocamente.

Il testo si segnala, inoltre, per il fatto di connettere le rivendicazioni sindacali e le crisi attraversate dalla fabbrica tessile agli squilibri territoriali e di genere, in parte frutto delle peculiari caratteristiche della Lucchesia e in parte espressione delle contradizioni del boom economico nella Penisola; inoltre, il declino dell’azienda e la sua chiusura sono inquadrati nel contesto più generale del tramonto del sistema fordista in Europa7 , anche in questo caso soffermandosi sui risvolti sociali di questo processo.

Nel complesso, l’opera di Creatini raggiunge l’obiettivo di coniugare la storia del lavoro intesa come ricostruzione della conflittualità nell’ambiente di fabbrica, dentro e fuori dal sindacato, e la storia dell’impresa, attraverso l’indagine delle prassi manageriali e delle vicende produttive vissute dalla Cucirini Cantoni Coats, rispondendo dunque a sollecitazioni metodologiche emerse nel tornante degli anni Duemila ma non ancora del tutto recepite negli studi più recenti8.

Infine, come abbiamo accennato il lavoro di Creatini può essere letto come una public history della Cucirini Canton Coats, che ci conduce direttamente “nel cuore” della vita di fabbrica attraverso una vasta gamma di fonti e testimonianze e de-costruisce la memoria pubblica delle trasformazioni imprenditoriali e sindacali in un racconto polifonico che, pure, trova nel legame tra stabilimento e territorio il proprio filo conduttore, offrendo stimoli per ulteriori ricerche su questi temi.

Notas

1 Federico Creatini è borsista post-doc presso il Centro di Ricerca Maria Eletta Martini di Lucca, ricercatore dell’Istoreco di Livorno e collaboratore dell’Isrec di Lucca.

2 Andrea Ventura è direttore uscente dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in provincia di Lucca e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa.

3 VAN DER LINDEN, Marcel Marius, Workers of the World. Essays toward a Global Labor History, Leiden, Brill, 2008; BORDERÍAS, Cristina, MARTINI, Manuela, «Introduzione. Per una nuova storia del lavoro: genere, economie, soggetti», in Genesis: rivista della Società Italiana delle Storiche, 25, 2/2016, pp. 5-13.

4 Sulle potenzialità di un dialogo tra global e micro history nell’ambito della storia del lavoro, si veda: DE VITO, Christian G., GERRITSEN, Anne (edited by), Micro-Spatial Histories of Global Labour, Camden, Palgrave Macmillan, 2018.

5 GRIBAUDI, Maurizio, Mondo operaio e mito operaio. Spazi e percorsi sociali a Torino nel primo Novecento, Torino, Einaudi, 1987; RAMELLA, Franco, Terra e telai. Sistemi di parentela e manifattura nel Biellese dell’Ottocento, Torino, Einaudi, 1984.

6 Sulla storia del lavoro operario come ricostruzione della «histoire des expériences ouvrières», si veda: VIGNA, Xavier, Histoire des ouvriers en France au XXe siècle, Paris, Perrin, 2012; HATZFELD, Nicolas, PIGENET, Michel, VIGNA, Xavier (dirigé par), Travail, travailleurs et ouvriers d’Europe au XXe siècle, Dijon, Éditions universitaires de Dijon, 2016.

7 Tra le opere più recenti dedicate a questo tema, si veda: SETTIS, Bruno, Fordismi. Storia politica della produzione di massa, Bologna, il Mulino, 2016; BETTI, Eloisa, Le ombre del fordismo. Sviluppo industriale, occupazione femminile e precarietà del lavoro nel trentennio glorioso (Bologna, Emilia-Romagna, Italia), Bologna, Bononia University Press, 2020.

8 CAUSARANO, Pietro, La professionalità contesa. Cultura del lavoro e conflitto industriale al Nuovo Pignone di Firenze, Milano, FrancoAngeli, 2000, pp. 22 et seq.


Resenhista

Elisa Tizzoni – (La Spezia, 1983), PhD in Storia contemporanea, ha svolto incarichi di ricerca ed insegnamento presso le Università di Firenze, Pisa, Nizza, Salisburgo, Innsbruck e presso altre istituzioni culturali; nel 2017 e nel 2021 è stata borsista presso gli Historical Archives of the European Union e lo European University Institute di Firenze. Attualmente è docente a contratto di Modern European History presso il Dipartimento di Storia e Civiltà dell’Università di Pisa.


Referências desta Resenha

CREATINI, Federico. Il Novecento della Cucirini Cantoni Coats. Lavoro, territorio e conflittualità nella parabola lucchese della multinazionale tessile. Palermo: New Digital Frontiers, 2021. Resenha de: TIZZONI, Elisa. Diacronie- Studi di Storia Contemporanea, v.48, n. 4, p. 76-81, dic. 2021. Acessar publicação original [DR]

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