L’Italia sullo schermo. Come il cinema ha raccontato l’identità nazionale | Gian Piero Brunetta

Gian Piero Brunetta l'identità nazzionale
Gian Piero Brunetta, 2017 | Foto: Radio Buet.It

Dalla pubblicazione dei primi pioneristici lavori di Pierre Sorlin e Marc Ferro alla fine degli anni Settanta1, studiosi di diversa formazione si sono interrogati sui complessi legami che uniscono cinema e storia, alimentando un dibattito che anche in Italia ha prodotto risultati di grande valore scientifico2 e che ultimamente ha portato, almeno in parte, al superamento delle «antinomie ed interferenze tra questi due mondi»3. Tra i protagonisti di questa stagione di studi, Gian Piero Brunetta, emerito di storia e critica del cinema presso l’Università di Padova, è sicuramente quello che per primo ha tentato di instaurare un dialogo con gli storici per dimostrare l’importanza non secondaria del cinema quale luogo privilegiato per comprendere la storia del XX secolo. Lo testimoniano le numerose monografie sulla storia del cinema italiano in cui lo studioso ha affiancato ai suoi iniziali interessi per la critica e il linguaggio filmico la ricostruzione storiografica dei contesti produttivi, delle forme della fruizione e del ruolo culturale svolto dal cinema nella società4.

Italia sullo schermo l'identità nazzionaleIn questo filone di ricerca si inserisce il volume in oggetto, nei fatti la rielaborazione di alcuni saggi pubblicati dall’autore nel corso della sua lunga carriera, opportunamente aggiornati ala luce dello stato dell’arte e integrati da scritti inediti. Pur caratterizzati da approcci analitici differenti i quindici capitoli del testo muovono dal comune tentativo di comprendere come il «cinema abbia letto la storia d’Italia, ne abbia saputo cogliere i caratteri identitari e le trasformazioni nel corso del tempo e come sia variato il suo uso pubblico da parte di soggetti diversi che si sono serviti del mezzo filmico per scopi molto differenti»5. L’autore, infatti, considera la storia un elemento strutturale del cinema italiano, che si differenzierebbe dalle altre cinematografie proprio per una più pronunciata e precoce vocazione a divenire narratore di eventi storici, colti in un passato, anche remoto, o rappresentati nel momento stesso del loro accadere, come nel caso paradigmatico del cinema neorealista. Tesi, questa, argomentata con chiarezza fin dalle prime pagine del volume, attraverso l’adozione di prospettive che tendono a inquadrare i temi trattati nel loro sviluppo diacronico e in una dimensione comparata, per cogliere le influenze e le interferenze tra il cinema italiano e le altre cinematografie nazionali o i nessi intertestuali tra le pellicole e altri prodotti culturali. Ampia la tipologia di fonti utilizzate: documentari e pellicole di fiction su tutte, ma anche articoli di riviste e periodici, monografie specialistiche, scritture autobiografiche e memorie; insomma, tutti quegli elementi che permettono allo storico di ricostruire «le forze e gli agenti contestuali» che allargano «in più direzioni le capacità significanti» della singola produzione filmica6.

L’importanza della fonte filmica come monumento e documento – per utilizzare la celebre coppia concettuale enunciata da Jacques Le Goff7 – emerge con chiarezza nei capitoli dedicati alla rappresentazione degli snodi cruciali della storia nazionale, primo fra tutti il Risorgimento, luogo di memoria privilegiato attorno a cui il cinema si è misurato con l’impresa di costruire le mitologie condivise che stanno alla base dello Stato unitario. Da La presa di Roma (Filoteo Alberini, 1905), vero e proprio atto di nascita del cinema italiano, fino al recente Noi credevamo (Mario Martone, 2010), passando per capolavori come 1860 (Alessandro Blasetti, 1934) e Il Gattopardo (Luchino Visconti, 1964), Brunetta riscontra nelle tendenze principali della filmografia sul Risorgimento narrazioni che consentono «di respirare e capire bene il clima culturale e ideologico del periodo»8 in cui i film sono stati realizzati. La centralità dello sguardo del presente sul passato risalta anche nell’ultimo capitolo, dedicato ai «cantori della storia d’Italia del Novecento», cioè a quegli autori come Francesco Rosi, Bernardo Bertolucci, Ermanno Olmi, Paolo e Vittorio Taviani, Pupi Avati, Ettore Scola, Nanni Moretti, Marco Tullio Giordana – per citarne alcuni – che a partire dalla fine degli anni Sessanta, sono riusciti a fare del cinema «il luogo privilegiato dela narrazione storica e la fonte necessaria della memoria individuale e del paese»9 , recuperando vicende e figure del passato, spesso fino a quel momento rimosse o volontariamente ridimensioniate (come l’esperienza del fascismo, della Resistenza e della guerra civile del 1943- 45), per leggervi in trasparenza l’attualità e le sue contraddizioni.

Una parte consistente del volume è dedicata all’analisi del rapporto tra cinema e propaganda in relazione alle guerre combattute dagli italiani nel XX secolo: la Grande guerra, che impone all’Italia, così come agli altri paesi coinvolti nel conflitto, di sfruttare le potenzialità offerte dal mezzo cinematografico per manipolare il “visibile” del conflitto e costruire narrazioni volte al rafforzamento del fronte interno; la guerra di Spagna, che assieme al conflitto italo-etiopico del 1935-36 rappresenta il primo banco di prova dell’Istituto Luce10 come produttore di pellicole documentarie ideologicamente orientate a sostegno dell’imperialismo fascista; la seconda guerra mondiale che mostra «i limiti del Luce come braccio armato della propaganda e il suo procedere non del tutto in sintonia con il passo del regime»11, e più in generale rivela, anche nei film di propaganda come quelli di De Robertis e Rossellini, il progressivo allontanamento dei cineasti dai presupposti ideologici della guerra fascista. Presupposti ideologici che invece giocano un ruolo centrale nei cosiddetti film coloniali prodotti contestualmente alla conquista dell’Etiopia e alla costruzione dell’impero in Africa Orientale12, i quali presentano agli spettatori lo spazio coloniale come luogo deputato alla rigenerazione dell’identità nazionale, permettendo d’altro canto alla cinematografia italiana, caduta in una profonda crisi all’inizio degli anni Venti, «di riprendere la corsa inserendosi in filoni già sperimentati con successo in altri paesi»13. Sempre in relazione ai temi della propaganda e dell’organizzazione del consenso, le forme del divismo politico cinematografico sono studiate da Brunetta nei termini di un confronto tra «le differenti strategie di rappresentazione simbolica e reale»14 utilizzate in vari contesti per la costruzione dell’immagine pubblica di alcuni protagonisti della scena politica novecentesca come Mussolini, Hitler, Stalin, Franco, Pio XIII e De Gaulle.

Rimanendo nella dimensione comparativa, risultano di grande interesse i capitoli dedicati ai rapporti tra Italia e Stati Uniti15, che ricostruiscono il ruolo del cinema come “agente diplomatico” e soprattutto come veicolo di elementi identitari. Nel primo caso si prendono in considerazione le influenze e le ricadute del cinema italiano in ambito statunitense, specialmente del neorealismo, vero e proprio volano della rivalutazione culturale e ideale dell’Italia nel mondo dopo l’esperienza del fascismo; nel secondo, le modalità attraverso cui, tanto nelle pellicole di produzione nazionale che in quelle hollywoodiane, sono stati definiti l’identità e i caratteri dell’italiano. Ad esempio, l’autore presta particolare attenzione alle rappresentazioni degli emigranti italiani nel cinema, evidenziando come memorie e stereotipi di lungo periodo finiscano per assumere configurazioni diverse al mutare del contesto storico. Al tema della difficile ricerca dell’identità nazionale è dedicato il capitolo più corposo del volume, un lungo viaggio attraverso la cinematografia italiana che si estende dalla «palingenesi delle macerie» dell’immediato dopoguerra fino alle soglie della nascita dell’Unione Europea nei primi anni Novanta del XX secolo16. Un «viaggio non lineare» – per usare le parole dello stesso Brunetta – che pur essendo diretto verso l’orizzonte culturale e ideale dell’Europa «passa obbligatoriamente attraverso l’America»17 e per un confronto del cinema italiano con modelli etici ed estetici d’oltreoceano, fatto di assimilazioni e prestiti ma anche di reazioni di segno opposto.

In conclusione, il testo di Brunetta, nel proporsi come la summa di un prolifico percorso di ricerca, ha il merito di indicare strade ancora superficialmente battute dagli studiosi, di guardare a problemi interpretativi già affrontati con una diversa distanza prospettica e di esplicitare le premesse che stanno alla base dell’approccio al cinema da parte della storiografia contemporanea. Il cinema infatti, lungi dal presentarsi allo storico come «un museo dove ogni autore e ogni opera ha già raggiunto la sua collocazione definitiva», si configura oggi come un territorio instabile, in via di continua definizione e rimodulazione, «una sorta di galassia nella quale ogni elemento è capace di generare strutture multifacciali e sprigionare quantità di energie imprevedibili, finora mai valutate in tutta la loro portata»18, grazie anche alla maggiore capacità di accesso alle fonti rispetto al passato. Da qui la necessità di tradurre operativamente, in una sinergica e reciproca interazione tra i saperi e le discipline che definiscono questo campo epistemico, quell’interdisciplinarità troppe volte evocata e raramente perseguita con decisione.

Notas

1 Cfr. FERRO, Marc, Cinema e storia: linee per una ricerca, Milano, Feltrinelli, 1980 [ed. orig.: Cinéma et Histoire, Paris, Denoël, 1975]; SORLIN, Pierre, Sociologia del cinema, Milano, Garzanti, 1979 [ed. orig.: Sociologie du cinéma: ouverture pour l’histoire de demain, Paris, Aubier Montaigne, 1977].

2 Per una panoramica cfr. MATTERA, Paolo, UVA, Christian, «Cinema e Storia: note sullo “stato dell’arte” del dibattito», in Studi Culturali, 2/2015, pp. 249-264. Tra i tanti cfr. almeno PINTUS, Pietro, Storia e film. Trent’anni di cinema italiano (1945-1975), Roma, Bulzoni, 1980; ARGENTIERI, Mino, Cinema: storia e miti, Napoli, Tullio Pironti Editore, 1984; ORTOLEVA, Peppino, Cinema e storia. Scene dal Passato, Torino, Loescher, 1991; MIRO GORI, Gianfranco (a cura di), La storia al cinema. Ricostruzione del passato interpretazione del presente, Roma, Bulzoni, 1994; DE LUNA, Giovanni, La passione e la ragione, Fonti e metodi dello storico contemporaneo, Milano, La Nuova Italia, 2001; IACCIO, Pasquale, Cinema e storia. Percorsi e immagini, Napoli, Liguori, 2008; CAVALLO, Pietro, Viva l’Italia. Storia, cinema e identità nazionale (1932-1962), Napoli, Liguori, 2010; DI BLASIO, Tiziana Maria, Cinema e storia. Interferenze/confluenze, Roma, Viella, 2014.

3DI BLASIO, Tiziana Maria, op. cit., p. 12.

4 Su questo filone di ricerca cfr. BRUNETTA, Gian Piero, Storia del cinema italiano, 2 voll, Roma, Editori Riuniti, 1979-1982; ID., Storia del cinema italiano, 4 voll., Roma, Editori Riuniti, 2001; ID., Cent’anni di cinema italiano, 2 voll., Roma-Bari, Laterza, 2010-2011.

5 ID., L’Italia sullo schermo. Come il cinema ha raccontato l’identità nazionale, Roma, Carocci, 2020, p. 13.

6 Ibidem, p. 23.

7 Cfr. LE GOFF, Jacques, s.v. «Documento/monumento» in Enciclopedia, vol. V, Torino, Einaudi, 1978, pp. 38- 48.

8 BRUNETTA, Gian Piero, L’Italia sullo schermo, cit., p. 53.

9 Ibidem, p. 306.

10 Sull’Istituto Luce cfr. LUSSANA, Fiamma, Il cinema educatore. L’Istituto Luce dal fascismo alla liberazione (1924- 1945), Roma, Carocci, 2019. Per i lavori precedenti dell’autore sull’Istituto Luce cfr. BRUNETTA, Gian Piero, Mise en page dei cinegiornali e mise en scène mussoliniana, in REDI, Riccardo (a cura di), Cinema italiano sotto il fascismo, Venezia, Marsilio, 1979, pp. 165-184; ID., «Con i fascisti alla guerra di Spagna», in Bianco e Nero, XLVII, 3/1986, pp. 25-41.

11 BRUNETTA, Gian Piero, L’Italia sullo schermo, cit., p. 207.

12 Cfr. BEN-GHIAT, Ruth, Italian Fascism’s Empire Cinema, Bloomington-Indianapolis, Indiana University Press, 2015.

13BRUNETTA, Gian Piero, L’Italia sullo schermo, cit., p. 171.

14 Ibidem, p. 139.

15 Su questo tema cfr. inoltre ID., Il ruggito del leone: Hollywood alla conquista dell’impero dei sogni nell’Italia di Mussolini, Venezia, Marsilio, 2013.

16 Cfr. ID., L’Italia sullo schermo, cit., pp. 231-287.

17 Ibidem, p. 239.

18 Ibidem, p. 26.


Resenhista

Stefano Campagna – Dottorando presso l’Università di Parma con un progetto dal titolo “Il cinema e i giovani nell’Italia fascista” e ricercatore presso l’Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea (ISGREC). Tra i suoi interessi di ricerca, la storia sociale e culturale dei media nell’Italia contemporanea, la storia coloniale e postcoloniale e l’analisi dei rapporti tra mezzo cinematografico, storia ed educazione in una prospettiva transnazionale.


Referências desta Resenha

BRUNETTA, Gian Piero. L’Italia sullo schermo. Come il cinema ha raccontato l’identità nazionale. Roma: Carocci, 2020. Resenha de: CAMPAGNA, Stefano. Diacronie – Studi di Storia Contemporanea, v.47, n.3, p. 225-230, out. 2021. Acessar publicação original [DR]