O Cinema Vai à Guerra – TEIXEIRA DA SILVA; SHURSTER (DSSC)

TEIXEIRA DA SILVA, Francisco Carlos; LEÃO, Karl Shurster Sousa; LAPSKY, Igor (Org). O Cinema Vai à Guerra. Rio de Janeiro: Campus, 2015, 274 pp. Resenha de SANTIAGO JÚNIOR, Francisco das Chagas. Studi di Storia Contemporanea, n. 26, v. 2, 2016.

O Cinema vai à Guerra, libro curato da Francisco Carlos T. da Silva, Karl Schurster Leão e Igor Lapsky si inserisce nel solco della tradizione storiografica brasiliana attenta alla relazione fra storia e cinema. È importante contestualizzare il libro nel quadro degli studi storiografici sul cinema degli ultimi decenni. In Brasile, la storiografia si è approcciata al cinema a partire dal manuale A pesquisa histórica no Brasil, di José Honório Rodrigues, pubblicato nel 19521. Tuttavia, è stato solo a seguito della traduzione, nel 1976, del celebre testo di Marc Ferro, Cinema: uma contra análise da sociedade? nella raccolta collettanea História: novos problemas, curata da Jacques Le Goff e Pierre Nora, che ha preso avvio un movimento volto a dare maggior risalto ai film2. Nel 1988, il lavoro pionieristico Cinema e História do Brasil: propostas para uma história, scritto da Jean-Claude Bernardet e Alcides Freire Ramos, operò un’analisi di pellicole di fiction e documentari brasiliani, spesso alla luce della “storia del tempo presente” francese e prendendo in considerazione la proposta di Marc Ferro nel saggio già menzionato: l’uso del film come fonte storica; il film come rappresentazione della storia; il film come agente della storia3.

Negli anni Novanta il cinema, nella produzione accademica brasiliana, venne definitivamente considerato alla stregua di un oggetto storiografico. In quel decennio videro la luce le prime tesi specialistiche e di dottorato su questo tema e vennero pubblicate alcune traduzioni in lingua portoghese dei testi degli storici pionieri nello studio della relazione cinema-storia, come Marc Ferro, Pierre Sorlin e Robert Rosenstone. Tre gruppi di ricerca storiografica risultarono decisivi in questa rielaborazione: nelle università statali di San Paolo vennero realizzati i primi studi, tra cui spiccavano quelli di Alcides Freire Ramos, Cláudio Aguilar, Eduardo Morettin e Cristina Meneguello; dalle università di Rio de Janeiro vennero prodotti testi dedicati ai film storici e alle relazioni tra cinema e ideologie politiche nel XX secolo: qui si distinsero Mariza de Carvalho e Francisco Carlos T. da Silva; a Bahia, il laboratorio “Occhio della storia”, all’interno dell’Universidade Federal di Bahia, organizzò traduzioni e lavori di ricerca indirizzati allo studio dei film e alla realizzazione di recensioni di pellicole storiche, attribuendo una particolare attenzione alla rappresentazione cinematografica del passato, e qui si distinsero storici come Cristiane Nova e Jorge Nóvoa. Nel 1997, in un’importante raccolta collettanea venne pubblicato il testo História e imagem: os casos do cinema e da fotografia, scritto da Ciro Cardoso e Ana Maria Mauad, che in qualche modo ufficializzava il cinema come oggetto storiografico brasiliano4, concetto che venne riaffermato nel 2001, quando un gruppo di storici pubblicò la collettanea A história vai ao cinema5, curato da Jorge Ferreira e Mariza de Carvalho, dedicata esclusivamente a indagare la rappresentazione del passato nel cinema brasiliano6.

Il tema della guerra nel cinema non è nuovo né nello scenario internazionale, né in Brasile, non essendo, peraltro, monopolio della ricerca storica. La maggior parte delle monografie precedenti, infatti, sono state scritte – in ambito brasiliano – da studiosi o critici cinematografici. Nel caso degli studi storici in Brasile, il tema è stato considerato principalmente come una forma di rappresentazione del passato, dal momento che era spesso legato anche con l’affermazione della storia del tempo presente come campo di ricerca per gli storici. L’interesse per il tema si è esplicitato attraverso le principali raccolte miscellanee pubblicate nel primo decennio del secondo millennio: História e cinema: dimensões históricas do audiovisual, del 2005, che presenta una delle cinque sezioni del libro dedicata al tema, che comprende un articolo di Wagner Pinheiro Pereira presente anche in O cinema vai à guerra, e Cinematógrafo: um olhar sobre a história, del 2009, che dedica una delle sue tre parti alla traduzione di testi sulla Seconda guerra mondiale al cinema di ricercatori francesi del calibro di Silvye Lindperg e Jean-Pierre Bertin-Maghit7. Spicca il testo pionieristico di Francisco Carlos T. da Silva, Guerras e cinema: um encontro no tempo presente, pubblicato nel 20048. Quest’ultimo autore ha riunito assieme a Igor Lapsky e Karl Schurtzer una serie di ricercatori legati Laboratório de Estudos do Tempo Presente, la cui sede originaria era presso l’Universidade Federal di Rio de Janeiro, oltre ad altri centri accademici di tutto il Brasile, per comporre la raccolta miscellanea O cinema vai à guerra, dando continuità a una riflessione sull’appropriazione dell’esperienza storica della guerra da parte del cinema e potendo contare sull’infoltirsi delle fila degli storici studiosi di cinema, che dimostrano interesse nei confronti della costruzione visuale del passato, così come della nuova generazione di ricercatori dediti principalmente all’analisi della relazione tra cinema e storia, le cui tesi di dottorato sono state discusse dal 2000 in avanti.

O cinema vai à guerra è organizzato a partire dalla guerra intesa come topos della storia del tempo presente e della rappresentazione del passato (lontano e prossimo). Dal momento che i film su cui si concentrano i ricercatori sono legati a molteplici cinematografie nazionali (tra cui spicca quella nordamericana, ma anche quella francese, tedesca, spagnola, russa…), molti conflitti sono ricorrenti, principalmente quelli che hanno marcato il XX e il XXI secolo come la Prima e la Seconda guerra mondiale, la Guerra del Vietnam, oltre alla Guerra fredda e alla Guerra al terrorismo. Vengono discusse anche le guerre che hanno acquisito un carattere di (ri)fondazione nazionale, come la Guerra di secessione nordamericana e la Guerra civile spagnola.

Nella prospettiva secondo cui la narrazione cinematografica sarebbe «la principale concorrente della narrazione storica»9, i testi del volume riconoscono il ruolo del cinema nell’elaborazione visiva della coscienza storica dei secoli XX e XXI e del suo funzionamento come produttore di immagini del presente e del passato che finiscono per comporre la memoria delle comunità nazionali. Il cinema è un media all’interno sul quale si sviluppano dispute culturali e ideologiche dal momento che il film è «una modalità di rappresentazione, avallata dalla sua ampia ricezione popolare, della storia, uno dei molti modi di narrarla»10.

Si tratta, in totale di dodici capitoli: Gracilda Alves discute della relazione tra occidentalismo e orientalismo nel cinema in Cinema, guerra, civilização e barbárie; Rafael Araújo e Karl Schurster riflettono sulla rappresentazione delle guerre coloniali in Imperialismo e cinema; Carlos Leonardo Bahiense da Silva indaga come i traumi della guerra siano stati inseriti nelle trame dei film tedeschi degli anni Sessanta e nel cinema inglese dello stesso decennio in A grande guerra (1914-1918) no espelho in cui si tratta di shell shocks; il testo Guerra civil espanhola: o cinema do general Franco, di Wagner Pinheiro Pereira discute l’eredità del conflitto spagnolo così come l’uso franchista del cinema; Karl Schurster e Francisco Carlos T. da Silva in A segunda guerra mundial (1939-1945): heroísmo e tragédia trattano delle «narrazioni del disagio»11 a partire dalle pellicole contemporanee e successive al conflitto; il concetto di genocidio/sterminio e le sue rappresentazioni al cinema vengono discusse nel testo Cinema e genocídio no século XX: a análise dos grandes massacres étnicos, religiosos e sociais, di Carlos Leonard da Silva e Ricardo Pinto dos Santos; l’impegno del cinema nello sviluppo del pacifismo nel corso del XX secolo viene trattato nel capitolo Guerra e paz: pacifismo, gênero e identidade na tela di Francisco T. Carlos da Silva; l’inserimento della Guerra fredda nella vita quotidiana da parte delle cinematografie nordamericane e sovietica viene affrontato da Alexandre Busko Valim in Cinema e guerra fria: entre Hollywood e Moscou; la traumatica esperienza sociale del Vietnam per la società nordamericana trovo in A guerra do Vietnã (1965-1975): o trauma de uma geração, di Carlos Leonardo da Silva e Igor Lapsky un luogo di dibattito; infine, le rappresentazioni del terrorismo nel cinema americano sono oggetto del saggio A Guerra ao terror: o pós-guerra fria, di Igor Lapsky. La collettanea introduce tematiche eterodosse nel dibattito su guerra e cinema: il combattimento contro gli alieni nel capitolo A guerra entre mundos: não estamos sozinhos!, di Dilton e Andreza Maynard e il fallimento della società contemporanea negli immaginari post-bellici intesi come futuri distopici in Cinema e distopias: as guerras do futuro, di José Maria Gomes de Souza Neto.

Alcune problematiche-concetti percorrono molti o quasi tutti i testi: tra queste spiccano identità, allegoria e conflitto/guerra. Quest’ultimo permette di accostare alla dimensione bellica degli eventi storici canonici (le guerre mondiali, la Guerra fredda, la Guerra del Vietnam, la Guerra civile spagnola, etc.) prospettive di guerre sociali e civili immaginarie (distopie, guerre contro invasori spaziali) evidenziando un aspetto fondamentale della raccolta di saggi: la guerra è tanto la rappresentazione in film d’ambito definito, ad esempio Apocalipse Now12 o Va’ e vedi13, quanto un’esperienza immaginaria proiettata in film inaspettati come Blade Runner14. La raccolta rifugge dall’approccio più prevedibile del dibattito sui “film di guerra” – genere oltremodo presente nelle trattazione – e si sofferma sui molteplici usi simbolici della guerra fatti nelle pellicole. In quest’ottica, i testi non sistematizzano gli aspetti legati al fenomeno di istituzionalizzazione storica della guerra come tema e genere nelle diverse cinematografie nazionali analizzate. Da un lato questo denota un approccio trasversale al problema storico (la guerra) che dimostra come le pellicole furono, nei diversi contesti sociali, armi, mezzi catartici, forme di protesta, strumenti di propaganda, proiezioni delle inquietudini collettive e di altre sensibilità, allegorie politiche e così via. Si comprende perciò come la maggior parte dei capitoli non segua le tradizionali partizioni della cinematografia nazionale (sebbene gli Stati Uniti siano distinti), già oggetto di critica da parte di storici come Michelle Lagny15.

L’identità è un altro problema centrale, dal momento che permette di capire come le rappresentazioni della guerra siano connesse con processi storici come il colonialismo, l’imperialismo, il genocidio… La distinzione noi/loro ossia attraverso le categoria antitetiche di alleato/nemico, indigeno/straniero, fedele/traditore, terrestre/extraterrestre è una costante che permette di comprendere come le immagini della guerra mutino con il tempo. In alcuni passaggi emerge il riferimento a Edward Said, dal momento che l’intera raccolta di saggi è permeata da una problematizzazione dell’identità come esperienza storica legata ai giochi di potere prodotti dall’interazione dei centri capitalisti con le proprie periferie, dal momento che entrambi sono stati toccati dall’esperienza del colonialismo e dell’imperialismo. Questo permette molteplici interpretazioni della guerra al cinema, che diventa una finestra per indagare la cultura politica del XX e XXI secolo, facendo del ricorso alla lettura allegorica una delle principali chiavi analitiche degli autori – anche se metodologicamente non viene dichiarata o problematizzata –, che interpretano una serie di film ora come sintomi, ora come cause dei processi politici in cui si trovano compresi. Evidentemente, negli scenari politici caratterizzati dalla tensione politica, molti cineasti impiegarono l’allegoria nella narrazione cinematografica, espediente comune al cinema moderno, dal momento che permetteva la costruzione di «segni di una nuova coscienza storica»16 tipica della contemporaneità. In molti casi gli autori del libro seguono queste indicazioni (quando il film si presenta come allegorico); in altri considerano le pellicole come sintomatiche di altre situazioni che non gli sono proprie, la cui dimensione e il cui impatto storico possono essere comprese solamente quando le si inserisca nella prospettiva dell’interscambio fra il cinema e le comunità politiche in cui questo si è sviluppato.

Notas

1 RODRIGUES, José Honório, A Pesquisa histórica no Brasil, São Paulo, Companhia Editora Nacional, 1978.

2 FERRO, Marc, O filme: uma contra-análise da sociedade, in LE GOFF, Jacques, NORA, Pierre (org.), História: novos objetos, Rio de Janeiro, Francisco Alves, 1995, pp. 199-215.

3 RAMOS, Alcides Freire, BERNARDET, Jean-Claude, Cinema e história do Brasil, São Paulo, Contexto/EDUSP, 1988.

4 CARDOSO, Ciro, MAUAD, Ana Maria, História e imagem: os casos do cinema e da fotografia, in CARDOSO, Ciro, VAINFAS, Ronaldo (org.), Domínios da história: ensaios de teoria e metodologia, Rio de Janeiro, Editora Campus, 1997.

5 CARVALHO, Mariza, FERREIRA, Jorge (org.), A história vai ao cinema: vinte filmes brasileiros comentados por historiadores, Rio de Janeiro, Record, 2001.

6 Per approfondire la nascita e il consolidamento della ricerca sul cinema nella storiografia brasiliana, si veda: SANTIAGO JR., Francisco das C. F., «Cinema e historiografia: trajetória de um objeto metodológico (1971-2010)», in História da historiografia, 8, 1/2012, pp. 151-173, URL: < http://www.historiadahistoriografia.com.br/revista/article/view/270/261 > [consultato il 3 marzo 2016]

7 CAPELATO, Maria Helena, MORETTIN, Eduardo, NAPOLITANO, Marcos, SALIBA, Elias (a cura di), História e cinema: dimensões históricas do audiovisual, São Paulo, Alameda, 2007; NÓVOA, Jorge, FRESSATO, Soleni Biscouto, FEIGELSON, Kristian (a cura di), Cinematógrafo: um olhar sobre a história, Salvador-São Paulo, EDUFBA -Editora UNESP, 2009.

8 SILVA, Francisco Carlos Teixeira da, «Guerras e cinema: um conto do tempo presente», in Tempo, 16, 1/2004, pp. 93-114, URL: <http://www.historia.uff.br/tempo/site/?cat=44> [consultato il 3 marzo 2016.

9 SILVA, Francisco Carlos Teixeira, LEÃO, Karl Shurster Sousa, LAPSKY Igor (org.), O Cinema Vai à Guerra, Rio de Janeiro, Campus, 2015, p. XI.

10 Ibidem, p. XII.

11 Ibidem, p. 91.

12 COPPOLA, Francis F., Apocalypse Now, United Artists, Stati Uniti, 1979, 150’.

13 KLIMOV, Elem, Иди и смотри, Mosfilm-Belarusfilm, Unione Sovietica, 1985, 145’.

14 SCOTT, Ridley, Blade Runner, Warner Bros, Stati Uniti, 1982, 117’.

15 LAGNY, Michelle, Cine y historia: problemas y métodos en la investigación cinematográfica, Barcelona, Bosch, 1997.

16 XAVIER, Ismail, A alegoria histórica, in RAMOS, Fernão Pessoa (a cura di), Teoria contemporânea do cinema: pós- estruturalismo e filosofia analítica, São Paulo, SENAC, 2005, pp. 339-379, p. 362.

Francisco das Chagas F. Santiago Júnior si è addottorato in storia presso l’Universidade Federal Fluminense, Niterói/Brasil con una tesi sull’appropriazione delle religioni afro-brasiliane nel cinema del periodo del regime dittatoriale degli anni Settanta. Lavora sulla relazione fra storia e cinema a partire da differenti assi di ricerca: il cinema e l’afro-brasilianità, la negoziazione del patrimonio culturale all’interno del cinema brasiliano, l’uso del passato nel cinema nazionale. Ha pubblicato numerosi articoli sulla cultura visuale, la teoria dell’immagine e la metodologia della ricerca multimediale.

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Enciclopédia de Guerras e Revoluções do Século XX – TEIXEIRA DA SILVA et al (DSSC)

TEIXEIRA DA SILVA, Francisco Carlos; MEDEIROS, Sabrina; VIANNA, Alexander Martins (Orgs). Enciclopédia de Guerras e Revoluções do Século XX, 3 voll. Rio de Janeiro: Campus/Elsevier, 2014-2015, 496 + 304 + 672 pp. Resenha de: CHAVES, Daniel. Diacronie Studi di Storia Contemporanea, v. 28, n. 4, 2016.

Inizialmente pubblicata nel 2004, sebbene in un unico e imponente volume, l’Enciclopédia de Guerras e Revoluções do Século XX veniva proposta all’alba del XXI secolo come un lavoro nel solco di una tradizione permeata da opere di riferimento utilizzate da diverse generazioni per avvicinarsi al campo della conoscenza, nelle scienze umane così come nel campo della tradizione brasiliana. In un simile contesto, non ci si basa perciò solo su una tradizione fondata su dizionari ed enciclopedie, ma è possibile dire che questa esperienza abbia conosciuto un rinnovamento attraverso il carattere peculiare, autonomo, plurale e autoriale che quest’opera possedeva.

È tuttavia necessario citare opere fondative che l’hanno preceduta come il Dicionário de Ciências Sociais1 o il Dicionário do pensamento social do século XX2 (curato da William Outhwaite e Tom Bottomore, con la consulenza di Ernest Gellner, Alan Touraine e Robert Nisbet, oltre all’essenziale contributo brasiliano di Wanderley Guilherme dos Santos e Renato Lessa), che hanno contribuito alla formazione di generazioni di studenti, ricercatori e professionisti. Queste opere, votate ad un interesse tecnico nei confronti degli scritti collettanei in grado di compendiare una conoscenza qualificata e ampia sui vari temi, riunivano voci e informazioni in modo strutturato e con una localizzazione precisa – grazie ad una definizione sintetica –, in tempi antecedenti alla vastità nebulosa del World Wide Web.

Al di là della concezione dei dizionari – la cui progettazione concettuale rigorosa prevede un giudizioso ricorso alla concisione in merito a ciò che viene affermato nelle sue voci o definizioni –, l’enciclopedia come progetto olistico di conoscenza è notoriamente più ampia e ricerca una maggior profondità analitica. L’enciclopedia come summa e riassunto del sapere, risale genealogicamente alle origini della nostra contemporaneità, in quelle colonne che vennero posate con il progetto illuminista europeo di D’Alembert e Diderot (Encyclopédie, ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, 1751-1766) o degli scozzesi Colin Macfarquhar e Andrew Bell (British Encyclopaedia, 1768-1771). In un periodo caratterizzato da una costante dialettica politica come il XIX secolo, la letteratura basata su una critica beffarda sviluppata dai detrattori dei Lumi metteva in scacco l’eccesso di descrizione concesso a concetti – per quanto innovatori – come quello economico del laissez-faire o delle allora contemporanee teorie politiche rivoluzionarie. Ancora oggi l’impresa enciclopedica è una missione audace.

La realizzazione di un’opera come questa è orientata intorno a concetti tanto vitali quanto lo possono essere l’idea di guerra o la forza trascendentale delle rivoluzioni, per giungere ad un approccio al tema che sia tecnicamente in grado di guidare gli sguardi concentrati sulle problematiche centrali care allo storico fedele alla tradizione, interessato ad osservare gli assi portanti, le questioni più rilevanti, le logiche sistemiche che si creano intorno a un’analisi categorizzante e tassonomica. Nella quarta di copertina gli organizzatori esplicitano la loro scelta affermando che «si tratta di opere complete, che presentano idee, movimenti, fatti e personaggi che hanno modellato l’inizio del secolo, tanto nel campo della politica e dell’economia, quanto nel campo delle arti e delle scienze». Non è pensabile affermare che ci sia stata una tematica durante il corso del XX secolo in grado di generare maggiore preoccupazione nelle menti – sia del popolo, sia delle élites – che i rischi e le opportunità delle rivoluzioni; allo stesso modo è difficile negare che le guerre siano state una costante durante l’intero secolo. La scelta – strategicamente posizionata tra la logica volta ad evidenziare gli elementi caratterizzanti di quei tempi e il riconoscimento della polisemia acquisita da tali termini per via della loro volgarizzazione – mostra la tenacia e l’eclettismo necessari per un lavoro di tale portata.

Il marchio concettuale di “rivoluzione” è impiegato nel suo significato originale, quello di mutamento e destrutturazione sociale o politica. Tuttavia, con l’evoluzione e l’uso costante, tale concetto finirà per abbracciare vari campi che trascendono la sua sola genesi politologica. Deve essere citata anche, a fronte di un simile eclettismo, la scelta di un linguaggio comprensibile e basato sull’utilità didattica dei riferimenti bibliografici per ulteriori approfondimenti. Ciò che sorprende, a distanza di dieci anni dalla prima edizione, sono l’audacia e la foggia di un’opera che non solo presenta la vivacità necessaria per rinnovarsi, ma che si sviluppa in tre volumi, proponendo in modo chiaro un approccio in segmenti periodizzanti per la comprensioni del “lungo” XX secolo. La riedizione dell’enciclopedia in quanto tale, in un’edizione più ampia e ambiziosa, indica la sorprendente vivacità delle opere di erudizione e della minuziosa analisi tecnica in sé, in tempi in cui l’informazione è accessibile, a portata di mano.

Il primo volume affronta in modo logico il primo momento della débâcle della belle époque, sottolineando i concetti e i termini fondamentali degli anni contraddittori del capitalismo liberale, degli imperialismi trionfanti e di una società peculiare – preconizzando, in un’epoca di autoregolazione, il termine della longeva capacità di esercizio critico di fronte al proprio tempo. Osservando il periodo compreso tra il 1901 e il 1919, emerge la preoccupazione per il preludio e lo schiudersi di un conflitto che avrebbe lasciato come eredità la fine dell’egemonia europea sul pianeta, per il clima di incertezza apportato dalla Grande guerra e dalle sue rovine, che inevitabilmente contraddistingue questo primo tomo.

Il secondo volume, incentrato sul periodo che va dal 1919 al 1945, discute uno dei periodi maggiormente indagati dalla storiografia contemporanea: l’epoca delle infruttuose trattative di pace, i “folli” anni Venti e la loro svolta radicale con la crisi del ’29, l’ascesa degli autoritarismi fascisti, le tragedie dell’olocausto e delle bombe atomiche, in quel contesto di insicurezza che avrebbe dato vita alle condizioni grazie alle quali lo scenario della Seconda guerra mondiale si sarebbe sviluppato in maniera inequivocabile, ponendo le condizioni per un nuovo ordine mondiale post-europeo dopo secoli di incontrastata egemonia. Gli anni che seguirono, tuttavia, non avrebbero mitigato la caratteristica che li avrebbe marcati: un terrore sviluppato per effetto delle minacce di violenza generalizzata come elemento fondamentale attraverso il quale comprendere le origini del nostro tempo.

Infine, con un maggior respiro, giustificato in funzione della maggior complessità degli studi storici, la fine dell’epoca dei grandi conflitti mondiali e i controversi tempi della Guerra fredda (1945-1991), oltre al già citato nuovo ordine mondiale, vengono trattati nel più voluminoso dei tre tomi. L’emergere di condizioni nuove e rivoluzionarie per l’ascesa della bipolarità sia sull’asse Nord-Sud sia su quello Ovest-Est, e successivamente temperate da quella rottura rappresentata dalla posizione terzomondista o non allineata, è considerata strutturale per la comprensione della guerra e della rivoluzione come elementi persistenti nella contemporaneità, anche attraverso nuovi campi come gli studi comportamentali, le epistemologie o il ruolo così intrigante e sensibile delle rivoluzione tecnologiche, che avrebbe sbilanciato le relazioni nel difficile e incerto avvio del XXI secolo.

La rilevazione di quella che è la forgia analitica dello storico, del politologo, del sociologo o dell’antropologo, dello specialista di studi internazionali e del giurista, ci distingue e ci rende in maniera costruttiva sempre di più lettori critici e globalmente attenti ai concetti, ai temi e ai problemi più rilevanti del corso dell’umanità relativamente a quel periodo storico. Il ruolo di sforzi onesti come questa Enciclopédia, nei suoi tre aggiornati volumi, è quello di espandere il carattere olistico di una simile discussione su temi di carattere storico, ma anche sul ruolo stesso del pensatore contemporaneo come costruttore di un interesse globale, antiutilitarista e unitario, che possa essere un lettore del tempo con una torcia in mano per aiutare ad orientarsi all’interno del dibattito pubblico. In tal senso, questa opera densa e fitta ci invita ad un’intensa passeggiata nella totalità come ad una questione propria delle Scienze umane, che non può essere affrontata da qualche viandante improvvisato e solitario, ma solamente attraverso il congiunto di una raccolta di idee.

Notas

1 Dicionário de Ciências Sociais, Rio de Janeiro, FGV, 1986.

2 OUTHWAITE, William, BOTTOMORE, Tom, Dicionário do pensamento social do século XX, Rio de Janeiro, Ed. Jorge Zahar, 1996.

Daniel Chaves – È professore associato di Storia Contemporanea presso l’Universidade Federal do Amapá (Unifap). Dottore in Storia comparata nel corso di laurea specialistica in Storia Comparata (UFRJ), è docente del Programa del corso di laurea specialistica Mestrado em Desenvolvimento Regional (PPGMDR) e ricercatore senior dell’Observatório de Fronteiras do Platô das Guianas (OBFRON) e del Círculo de Pesquisas do Tempo Presente (CPTP), entrambi afferenti all’Unifap.

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Relações Brasil-Estados Unidos: séculos XX e XXI – MUNHOZ; TEIXEIRA DA SILVA (CTP)

MUNHOZ, Sidnei J.; TEIXEIRA DA SILVA, Francisco Carlos. (Orgs.). Relações Brasil-Estados Unidos: séculos XX e XXI. Maringá: Eduem, 2011. Resenha de: PEREIRA JÚNIOR, Edson José Perosa. Relações Brasil-Estados Unidos: Séculos XX e XXI, de Sidnei Munhoz e Francisco Teixeira da Silva. Cadernos do Tempo Presente, n. 07 – 07 de abril de 2012.

Em Relações Brasil-Estados Unidos: séculos XX e XXI, os organizadores Sidnei J. Munhoz e Francisco Carlos Teixeira da Silva reuniram textos de diferentes autores sobre as relações entre Brasil e Estados Unidos, traçando uma perspectiva histórica no relacionamento desses dois gigantes. O livro foca as relações Brasil-EUA durante o século XX e início do XXI, apontando para as perspectivas desse novo século. Desnecessário apontar a importância dos Estados Unidos para o Brasil ao longo desse período, sendo o maior parceiro comercial do Brasil até muito recentemente, além de haverem sido aliados durante a Segunda Guerra Mundial e a Guerra Fria. Todavia, isso não significou que o Brasil foi submisso aos interesses dos EUA; os dois países vivenciaram períodos de intensa cooperação (como a Segunda Guerra Mundial e o governo Castello Branco, por exemplo) e períodos de mais afastamento e tensões (governo Goulart e governo Geisel, por exemplo).

No capítulo introdutório, Sidnei J. Munhoz destaca a instabilidade do sistema internacional causado pelos atentados de 11 de setembro de 2001, e a reação estadunidense subsequente, destacando dessa forma a atualidade e relevância do tema tratado pelo livro. Aponta também a ascensão do Brasil como potência regional, e possivelmente mundial, nos últimos anos. Isso é fundamental para entendermos como podem ser configuradas as relações Brasil-EUA daqui para frente. Exposto o cenário internacional mais recente, Munhoz sintetiza cada capítulo do livro. A obra se divide em duas partes. A Parte I possui oito capítulos que trazem a abordagem histórica, ordenada de forma razoavelmente cronológica. A Parte II, em seus cinco capítulos, faz um corte transversal sobre as relações entre os dois países tratando de temas mais específicos como Cultura, Direitos Humanos, segurança e defesa.

No capítulo 1, Brasil e Estados Unidos: dois séculos de relacionamento, Frank D. McCann parte de uma perspectiva de longa duração no relacionamento entre os dois países, por isso mesmo McCann dá uma nova dimensão a esse relacionamento, destacando que os momentos de tensões e conflitos foram mais frequentes do que se costuma supor. Traçando o início da cooperação mais intensa entre os dois países, durante a gestão do Barão do Rio Branco no afirma que o Brasil desenvolveu sua Política Externa no sentido de se aliar com os EUA nas grandes questões internacionais da época, esperando que os EUA por sua vez apoiassem o Brasil em seus litígios sul-americanos. Era regra do serviço diplomático brasileiro não se reunir com mais de um país sul americano, para evitar que os países de língua espanhola conspirassem contra o Brasil. Essa regra inspirou uma aliança não escrita com os EUA. Os interesses do Brasil e dos EUA parecem haver sido perfeitamente compatíveis enquanto o Brasil foi um país eminentemente agrário, entretanto quando o país passou a exportar mais manufaturados do que produtos agrícolas as relações entre os dois países passaram a ser menos compatíveis com o interesse da cada país, havia e há de fato uma rivalidade emergente. McCann aponta também como Washington foi responsável por diversos desentendimentos desnecessários entre os dois países.

No capítulo seguinte, intitulado Estados Unidos: ‘farol’ e ‘polícia’ da América Latina, Mariana Martins Villaça foca o relacionamento entre os EUA e os países latino-americanos.

Havia duas tendências diferentes para o desenvolvimento da América Latina. Os EUA insistiam na importância de os países latino-americanos abrirem os seus mercados para os produtos e capitais estadunidenses; por outro lado a ONU, representada pelo Cepal, insistia na importância de se desenvolver uma indústria nacional nesses países, por meio da substituição de importações, o que exigia protecionismo e política cambial apropriada. Os Estados Unidos exerceram e ainda exercem sua hegemonia sobre o hemisfério, servindo de ‘farol’ para muitos países da região, como um modelo a ser seguido, mas também sendo o ‘policial’ da região, utilizando-se da sua força militar contra os países que saíssem do eixo, ou desagradassem Washington.

No Capítulo 3, A Participação Conjunta de Brasileiros e Norte-americanos na Segunda Guerra Mundial, Frank McCann e Francisco Ferraz discorrem sobre a participação brasileira na Segunda Guerra Mundial e a aliança com os EUA, sendo esse o período de maior aproximação entre os dois países. Os Estados Unidos orientados pela Política de Boa Vizinhança, evitavam atritos e tensões com os países latinos, utilizando-se mais do soft power para atrair os países latino-americanos para sua órbita de influência, alinhando-se contra os países do Eixo. O chanceler Osvaldo Aranha tendo consciência da fragilidade econômica e militar do Brasil indicava que o país deveria se aliar com os estadunidenses na busca de seus interesses, mesmo sabendo que essa aliança poderia ser perigosa, pois deixava o Brasil muito dependente dos Estados Unidos.

No capítulo Na Gênese da Guerra Fria: os EUA e a repressão ao comunismo no Brasil, Sidnei Munhoz aborda o início da Guerra Fria e suas consequências para o Brasil. Houve com o fim da Segunda Guerra Mundial, tentativas democratizantes na América Latina, mas que foram obstadas com o limiar da Guerra Fria, devido ao medo do comunismo. O anticomunismo serviu de álibi para a repressão dos mais diversos movimentos sociais, bem como na repressão do Partido Comunista Brasileiro. O governo Dutra foi altamente repressor, sendo um retrocesso no processo de abertura política depois do fim do Estado Novo; a cassação dos partidos comunistas pela América Latina se deu em muitos países e teve significativa influência dos EUA nesse processo. Assim, apesar do conservadorismo das elites locais, não se pode negar a influência dos EUA na repressão ao comunismo e aos movimentos sociais no Brasil e em toda a América Latina daquele período.

No capítulo, O Populismo e as Relações Brasil-EUA (1945-1964): a dialética do alinhamento e da autonomia, Paulo Vizentini percorre o período entre o fim do Estado Novo e o golpe militar. O governo Vargas oscilou em sua Política Externa, hora cedendo aos interesses estadunidenses, hora assumindo uma postura mais independente; o ano de 1952 foi marcado por essas oscilações, pois o Brasil denunciou a remessa irregular de lucros para o exterior e assinou o acordo de cooperação militar com os EUA. As próprias necessidades de desenvolvimento interno brasileiro faziam com que o país buscasse uma postura mais assertiva e autônoma para com os EUA, culminando nos governos Jânio Quadros e João Goulart, com o que ficou conhecido como Política Externa Independente (PEI).

No capítulo seguinte, A Relações Brasil-EUA durante o Regime Militar (1964-1985), Vizentini aborda as relações entre os dois países durante a Ditadura Militar. Distanciando-se das visões estereotipadas de que o Regime Militar foi completamente submisso aos interesses estadunidenses, o autor aponta para os desentendimentos entre os dois países. O regime militar tinha um projeto desenvolvimentista, que o colocou em rota de colisão com os EUA.

Ainda que no governo Castello Branco tenha havido uma maior afinidade com os Estados Unidos (em grande parte devido ao suporte que os EUA deram ao golpe), já no governo Costa e Silva começam a aparecer divergências entre os dois países. O governo Geisel foi o ponto máximo de afastamento entre os dois países, o Pragmatismo Responsável retomava vários princípios da PEI.

O capítulo 7 trada As Relações Brasil-Estados Unidos durante os governos FHC. Paulo Roberto de Almeida destaca como FHC introduziu um novo elemento no relacionamento entre os dois países despolitizando os conflitos que eventualmente surgem, centrados em questões comerciais, e estabelecendo o bom relacionamento com os EUA como norma.

Certamente a simpatia entre os dois governantes, FHC e Bill Clinton, contribui para o bom relacionamento entre as duas nações e foi, provavelmente, fundamental no apoio que o Brasil recebeu dos Estados Unidos por conta da crise financeira de 1998, que ameaçava a estabilidade recém conquistada pelo Plano Real. Entretanto depois dos atentados de 11 de setembro os EUA passaram a assumir uma postura mais unilateral (devido também ao governo neoconservador de George W. Bush) e provocou significativo deterioramento no relacionamento econômico entre o Brasil e os Estados Unidos.

No capítulo 8, A Política Externa do Governo Luís Inácio Lula da Silva e as Relações com os Estados Unidos da América, Ricardo Pereira Cabral aborda um dos dois temas mais contemporâneos do livro. As relações exteriores brasileiras se caracterizaram pelo pragmatismo, especialmente em relação com os EUA. Além disso, o governo Lula deu especial enfoque para as relações sul-sul, como forma de contrabalançar a hegemonia política, econômica e militar dos países desenvolvidos. Podemos perceber elementos de continuidade e ruptura em relação ao governo anterior. Continuidade no enfoque multilateral e nos compromissos assumidos pelo Brasil mundo afora e ruptura no sentido de insistir em certos temas na agenda internacional, como o combate a fome. A crise econômica de 2008 que se arrasta até hoje, demonstrou a força do mercado interno brasileiro e a solidez da economia brasileira mesmo em um cenário de crise como esse. Isso contribui para fortalecer a imagem do Brasil no exterior e para que novos fóruns e grupos de discussões e tomadas de decisões, como o BRICS, G-20 e IBAS, se fortalecessem.

O capítulo 9, As Relações Militares entre o Brasil e os Estados Unidos no Século XX, inicia a Parte II do livro. Nesse capítulo, Sonny Davis aborda a relação entre os dois países sob o ponto de vista militar; as fases de cooperação e de divergências entre Brasil e EUA nesse campo. O relacionamento entre o Brasil e os EUA cresceu lentamente até a Segunda Guerra Mundial, acelerando-se a partir daí; os dois países desenvolveram íntimos laços econômicos e militares, o Brasil esperava que a aliança com os Estados Unidos ajudasse em sua busca por desenvolvimento econômico e militar, enquanto os EUA entendiam que o Brasil seria seu leal aliando em assuntos internacionais. A Segunda Guerra Mundial foi um momento histórico único para as relações entre o Brasil e os Estados Unidos, passado esse momento, as relações entre os dois países passou por uma reorientação em que a América Latina e o Brasil perderam importância dentro da nova conjuntura da Guerra Fria. Apesar das divergências, há que se destacar que a cooperação militar entre Brasil e EUA foi intensa, comparada com as relações militares dos Estados Unidos com outros países da América Latina.

No capítulo seguinte, Da Boa Vizinhança à Cortina de Ferro: política e cinema nas relações Brasil-EUA em meados do século XX, Alexandre Valim faz um recorte específico na análise das relações entre Brasil e EUA; destacando o uso político do cinema (e da indústria do entretenimento de modo geral) e demonstrando como entretenimento e propaganda política estão imbricados. Para Valim, a Política de Boa Vizinhança não representou a liquidação dos objetivos imperialistas dos EUA na América Latina, mas apenas a sua reformulação em métodos mais criativos e, por que não, mais eficazes. Ou seja, a Política de Boa Vizinhança significou que os EUA se utilizaram mais do chamado Soft Power (Cinema, Propaganda, etc.). Com o alvorecer da Guerra Fria, o anticomunismo tornou-se exacerbado e isso foi propagando dos EUA para o resto do planeta, por meio do cinema. Dessa forma, nesses dois momentos, antes e depois da Segunda Guerra Mundial o cinema foi um recurso importante nas formas de dominação que os EUA utilizavam na América Latina e no mundo. Não se pode negligenciar esse aspecto quando se aborda o relacionamento entre os dois países.

No capítulo 11, Internacionalismo Trabalhista: o envolvimento dos Estados Unidos nos sindicatos brasileiros, 1945-1964, Clifford Welch destaca um ponto pouco explorado nas relações entre Brasil e EUA. No período que antecedeu o Golpe Militar, foi ativa a participação e interferência dos EUA em sindicatos brasileiros como forma de pressionar os governos populistas do período. Os Estados Unidos visavam ‘‘educar’’ os sindicatos brasileiros na forma como tratavam os trabalhadores e afastá-los do comunismo, ou seja, objetivavam controlar as relações de trabalho de forma a evitar as perturbações por meio de greves, mantendo a produtividade e a estabilidade. Após 1962, todavia, os Estados Unidos passaram a pressionar diretamente os militares para que tomassem o poder, de tal maneira que os sindicatos perderam importância.

No capítulo 12, Opondo-se à Ditadura nos Estados Unidos: direitos humanos e a Organização dos Estados Americanos, James Green demonstra a importância dos movimentos de combate a Ditadura Militar brasileira nos EUA, e como eles foram importantes para trazer à baila a questão nos Direitos Humanos em todo o mundo no final dos anos 1970. A Ditadura brasileira procurou passar a impressão de que não havia presos políticos no Brasil, mas apenas terroristas, que por seus crimes estavam presos. A pressão internacional em torno da tortura fez que a ditadura tentasse desmentir as acusações que pairavam sobre ela. Esses movimentos de defesa dos Direitos Humanos atuavam também na OEA como forma de pressionar essa organização para que tomasse medidas contra países que violavam as normas internacionais.

O autor defende que esses grupos que atuavam nos EUA, incomodaram realmente a Ditadura Militar brasileira, causando constrangimento para os militares, que eram acusados de tortura; especialmente num momento em que o regime tencionava liberalizar-se.

Por fim, no último capítulo, As dimensões de Segurança e Defesa nas Relações entre o Brasil e os Estados Unidos em face do 11 de Setembro de 2001, Francisco Carlos Teixeira da Silva, versa sobre um tema bem atual nas relações Brasil-EUA. O autor discorre sobre a pressão que o governo brasileiro sofreu dos Estados Unidos logo após os atentados de 11 de setembro para que reforçasse o monitoramento da Tríplice Fronteira (entre Brasil, Argentina e Paraguai) em Foz do Iguaçu. O governo estadunidense alegava que a Tríplice Fronteira era um foco terrorista e que abrigava células da Al-Qaeda e de outros grupos terroristas. Para Teixeira da Silva esse temor dos EUA era infundado, pois não aviam provas suficientes de que a Tríplice Fronteira abrigasse células terroristas. Essa ação reflete o unilateralismo dos Estados Unidos, governados por George W. Bush. O governo brasileiro foi pego de surpresa na balbúrdia causada pelos atentados de 11 de setembro e não soube muito bem como reagir face à pressão estadunidense, faltando maior articulação entre os órgãos de defesa e inteligência.

Destarte, o livro é de suma importância para os estudantes da área, pois é um livro atual escrito por profissionais e pesquisadores das relações Brasil-Estados Unidos. É um livro abrangente e de fôlego, abordando diversos aspectos no relacionamento entre os dois países (trata inclusive aspectos pouco explorados em outras obras). Em face da importância econômica, cultural, tecnológica e política que os Estados Unidos tiveram e ainda tem para com o Brasil ainda há muitos trabalhos para serem feitos sobre essa temática e esse livro vem para complementar a atualizar o conhecimento sobre as relações entre esses dois países. O livro não é escrito numa linguagem excessivamente acadêmica e pode muito bem ser lido pelo grande público, mesmo os pouco familiarizados com o tema. Por haver sido escrito por diferentes autores do Brasil e dos EUA, a qualidade e a forma dos capítulos variam significativamente, entretanto os organizadores conseguiram manter um padrão na qualidade dos textos. Finalmente, pode-se dizer que o livro desmistifica alguns clichês a respeito do relacionamento entre Brasil e Estados Unidos, tanto aqueles que mostram as relações como perfeitamente harmônicas quanto aqueles que apresentam o Brasil como completamente submisso aos desígnios dos EUA.

Referências

MUNHOZ, Sidnei J.; TEIXEIRA DA SILVA, Francisco Carlos. (Orgs.). Relações Brasil-Estados Unidos: séculos XX e XXI. Maringá, PR: Eduem, 2011.

Edson José Perosa Junior – Graduado em história pela Universidade Estadual de Maringá (UEM), 2011. Mestrando do Programa de Pósgraduação em História Comparada (PPGHC-UFRJ).

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