Die Achse. Berlin-Rom-Tokio 1919-1946 | Daniel Hedinger

L’Asse Berlino-Roma-Tokyo – secondo la denominazione adottata, soprattutto nel mondo anglosassone, per definire l’insieme di accordi che unirono Italia, Germania e Giappone dal Patto anticomintern al Tripartito – appare ancora oggi uno dei costrutti politico-internazionali più controversi dell’età contemporanea. Onnipresente fino al termine della Seconda guerra mondiale tanto nella propaganda dei tre regimi quanto nelle rappresentazioni e nelle considerazioni strategiche dei loro avversari, nonché assunta come capo d’imputazione per “cospirazione contro la pace” nei processi di Norimberga e Tokyo, l’alleanza tripartita scomparve rapidamente dalla memoria pubblica del dopoguerra, oscurata da una percezione nazionale delle singole esperienze autoritarie e da una visione regionalizzata del conflitto mondiale, con la netta distinzione del teatro bellico europeo da quello asiatico-orientale e una gerarchia d’importanza che subordinava il secondo al primo. A partire dagli anni Cinquanta, la storiografia sul Tripartito si è concentrata prevalentemente sugli aspetti diplomatici e sui contatti bilaterali, ponendo al centro la Germania e i suoi rapporti con Italia e Giappone, mentre le relazioni italo-giapponesi erano liquidate come un prodotto secondario dell’avvicinamento italo-tedesco. In questa prospettiva l’Asse parve un’«alleanza senza alleati» 1, debole e «inefficace» 2 perché minata da insanabili contraddizioni interne – dipendessero queste dall’accesa rivalità ideologica tra Roma e Berlino oppure dall’innaturale collaborazione tra il razzismo nazista e un paese asiatico che aveva presentato una proposta di uguaglianza razziale alla Conferenza di pace di Parigi. Leia Mais

Diários de Berlim, 1940-1945 | Marie Vassiltchikov

Há seis anos começava a guerra.

Parece o tempo de

uma vida

Missie Vassiltchikov, Berlim, setembro de 1945

Mestre no escutar e no escrever, Truman Capote legou ao mundo da Cultura uma participação indelével, baseada na sua incrível capacidade de ver, mentalizar e, na sequência, descrever detalhadamente fatos havidos, por ele percebidos no instantes em que aconteciam ou recriados tempos depois. Entrou para a História assim.

O século 20 tem mais destes autores – muitos dos quais compõem o que hoje conhecemos por New Journalism, por exemplo -, tão ou mais famosos que Capote. Mas, singular que ele só, o século 20 tem gentes que não atingiram (nem almejavam isso) o que podemos chamar de Grande Mídia – nem eram jornalistas. Marie Vassiltchikov é uma dessas figuras. Princesa russa (bem nascida, portanto), poliglota, viajada, Missie (como era conhecida) também foi refugiada de guerra civil, funcionária de serviços diplomáticos e, o mais impressionante, um olhar atento voltado e situado no coração do Nazismo, essa chaga da Humanidade da qual tanto já lemos, tanto já expurgamos, tanto já discorremos e, paradoxalmente, tanto ainda temos a descobrir. Leia Mais