The Political Portrait: Leadership/Image and Power | Luciano Cheles e Alessandro Giacone

Luciano Cheles e Alessandro Giacone Image and Power
Luciano Cheles e Alessandro Giacone, 2018 | Foto: L’Italie en direct 

Il ritratto, esordiscono i curatori, ha sempre giocato un ruolo importante nella comunicazione politica, conferendo al leader una sorta di ubiquità. In questo senso, è certamente sorprendente che i contributi storiografici su questa sorta di immagini siano piuttosto limitati e, spesso, inseriti nel contesto più ampio della propaganda visuale, o come ausilio alla propaganda tout-court. Se è vero, infatti, che molti ritratti di leader sono ben impressi nelle nostre coscienze collettive, e in certi casi addirittura divenuti delle icone pop (tra gli esempi più recenti, i poster di Obama realizzati da Shepard Fairey), le loro analisi in prospettiva storica sono, tuttora, limitate1.

The political portrait Image and PowerIl volume, curato da Luciano Cheles, già professore di italianistica all’Università di Poitiers, e Alessandro Giacone, professore associato di Scienze Politiche all’Università di Bologna, vuole contribuire a colmare questa lacuna, raccogliendo un numero, consistente, di contributi focalizzati su questa specifica forma di propaganda visuale. Contributi che, pur con un certo sbilanciamento verso alcuni contesti, forniscono un’ampia panoramica, sia dal punto di vista della distribuzione cronologica e geografica, sia dell’interdisciplinarietà degli approcci. Uno dei punti di maggiore interesse del volume è la netta prevalenza di casi di studio riguardanti democrazie, soprattutto nelle loro fasi di transizione e trasformazione. Il ritratto del leader, questa una delle idee che sembra accompagnare l’intero volume, riflette non solo l’immagine del politico, ma anche il contesto del paese in oggetto.

L’Europa è l’area più rappresentata nel volume e, tra i diciassette capitoli, l’Italia è il fulcro di ben quattro, che coprono diverse fasi dello sviluppo del ritratto politico nella penisola, dagli esordi, all’inizio del XX secolo, fino ai giorni nostri. Questa rassegna copre in modo piuttosto efficace lo sviluppo del “culto della personalità”, che ha avuto il suo apice con Mussolini, la fase di rigetto, del periodo repubblicano e la risorgenza, o l’eccesso, del centralismo del leader che si è osservata nella recente era berlusconiana e nei suoi postumi. Interessante che, tra le varie prospettive, vi sia anche quella della satira su una figura altrimenti austera e apparentemente inviolabile, come quella del presidente della Repubblica. Quattro contributi molto interessanti e che, pur creando uno sbilanciamento del libro verso il caso italiano, contribuiscono a coprire alcuni dei temi che ritornano negli altri saggi. Un esempio, quello del rifiuto della personalizzazione, soprattutto in fase di ricostruzione democratica di un paese, di cui il caso dei cancellieri tedeschi rappresenta un ulteriore esempio, immediatamente paragonabile a quello italiano.

La Francia, rappresentata con due capitoli, costituisce un altro caso che può costituire un’interessante pietra di paragone, con un’eredità a tratti gloriosa, ma poi scomoda, del generale De Gaulle, e una forte caratterizzazione dei leader più recenti, fino a Macron.

Interessanti i contributi che riguardano due dittatori “minori” nel contesto dei totalitarismi della prima metà del secolo. Il caso di Francisco Franco esprime uno dei temi dominanti dell’intero volume: l’uso del ritratto in assenza del leader. Il capitolo sul Cancelliere austriaco Dollfuss, i suoi ritratti, e le loro alterne (s)fortune, a cura di Lucile Dreidemy, è uno di quelli che merita particolare attenzione. L’Austria, tra le varie democrazie “fallite” del periodo interbellico, è probabilmente uno dei casi meno studiati. Questo saggio dimostra come sia, invece, uno dei casi più interessanti, sia per gli sviluppi degli anni Trenta, sia per le ripercussioni che ancora esistono nelle politiche della memoria di questo paese. L’immagine ambivalente del “fascista” vittima dei nazisti rappresenta in pieno questa contraddizione ancora da sviscerare.

A chiudere la rassegna dell’Europa occidentale, che rappresenta il maggior caso di studio dell’intero volume, una interessante storia dell’evoluzione della leadership, e della rispettiva rappresentazione, nel Regno Unito del dopoguerra. Anche qui, il ritratto del leader rispecchia il contesto del paese, i cambiamenti che intervengono non solo nella comunicazione politica, ma in generale nella società e nell’economia: il ritratto del leader, quindi, come specchio del paese, e delle sue contraddizioni.

A chiudere quello che, idealmente, è il ciclo dell’Occidente, una rassegna alquanto esaustiva dei modi in cui i presidenti americani sono stati rappresentati nel corso della storia del paese. L’interesse di questo contributo sembra essere soprattutto sulla diversità di strumenti, materiali e tecniche del ritratto, che riflettono esigenze, e personalità, diverse. Un paese in cui i leader sono stati parecchi e tutti, a loro modo, centrali nel loro periodo, ha, nel tempo, trovato diversi modi per esprimere gerarchie della memoria, stabilire miti fondatori e produrre narrative in cui il ritratto del leader sembra essere il principale (o uno dei principali) strumenti comunicativi.

Muovendo verso Est, non stupisce che i regimi comunisti, passati e presenti, siano oggetto di diversi contributi. Che società basate sulla collettività e l’uguaglianza abbiano sviluppato fortissimi culti della personalità può sembrare controintuitivo, ma ormai non sorprende. Il mito del “fondatore”, che incarna la rivoluzione, l’esordio della società socialista, è l’elemento comune dominante, iniziato col culto di Lenin, dopo la sua morte, è ben rappresentato dall’importanza dell’immagine di Mao, in buona parte della storia cinese, o dalla presenza del leader “eterno” Kim Il Sung in Corea del Nord. Ma il ritratto del leader nelle società socialiste attraversa anche periodi difficili, controversi, come dimostrato dall’eccesso di personalismo di dittatori come Stalin, o Ceauș escu, la cui rimozione dalla coscienza collettiva è traumatica e, nel caso del dittatore rumeno, anche accompagnata da una violenta rimozione “fisica”.

Con la fine dei regimi comunisti in Europa e la trasformazione di quello cinese, il culto estremo della personalità sembra essere stato, in buona parte, rimosso, lasciando posto tuttavia ancora al mito della fondazione “ideologica”, del padre della nazione. Rimane la Corea del Nord, come bastione, ancora, inespugnabile retto da un regime dinastico le cui dinamiche di rappresentazione visuale incrociano la propaganda politica propriamente detta, con un immaginario quasi mistico. L’immagine del leader non è solo per ricordare la sua presenza, passata o futura, ma è il leader stesso: danneggiarla equivale ad un attacco al leader.

In questa prospettiva non stupisce che, dove i leader vengono contestati, le immagini vengano costruite ad hoc per essere distrutte. Si tratta del caso rappresentato dall’ultimo capitolo del volume, relativo alle proteste anti-americane in Iraq, Afghanistan e, in un periodo antecedente, Iran. Qui, in un processo che l’autore identifica come diverso dalla classica iconoclastia, le effigi che rappresentano il leader avverso vengono create con il proposito di essere distrutte, bruciate, o oltraggiate. Un modo per personalizzare il nemico e la rabbia incanalata verso di esso. Si tratta di uno dei due capitoli dedicati al vicino Oriente, il cui secondo inquadra, invece, l’esordio del ritratto politico nei primi anni della Repubblica turca. I ritratti del primo leader, e fondatore, Atatürk, e del successore İnönü, rappresentano non solo i tratti fondanti della repubblica turca, ma anche i diversi stadi della costruzione e consolidamento dello stato.

In definitiva, questo libro ha parecchi meriti. Il primo è sicuramente quello di aver fornito una panoramica ampia, pur coi limiti evidenziati sopra, sul ruolo del ritratto nelle società moderne. I capitoli sono generalmente brevi e, come prevedibile, lasciano le parole alle immagini. Un apparato iconografico che, da solo, farebbe propendere per la copia cartacea (nonostante questa recensione sia fatta sull’Ebook). Alcuni saggi possono sembrare poco analitici e, in larga parte, delle rassegne di immagini che si susseguono nel tempo. Tuttavia, qui risiede un altro punto di forza del volume, ossia la capacità di fornire stimoli e idee per ulteriori ricerche.

Infine, l’approccio interdisciplinare non solo rafforza il valore del volume in sé, ma ha il vantaggio di spingere nella direzione corretta chi volesse continuare su questo approccio alla comunicazione politica e allo studio della leadership. Lo stretto legame che esiste tra rappresentazione del leader e immagine della nazione, della sua struttura sociale e dei cambiamenti che vi avvengono, è chiaramente espressa in ognuno dei contributi. Sicuramente si tratta di un volume che dovrebbe invitarci a guardare con occhi diversi fonti che, spesso, lasciamo in disparte.

Il volume potrebbe essere accusato, e con qualche buona ragione, di eurocentrismo. Tuttavia, i contributi sull’Europa non sono né scontati né caratterizzati da un eccesso di “già sentito” come ci si potrebbe aspettare. In definitiva, questo volume propone in buona parte alcuni modi diversi di guardare agli studi sulla leadership e al suo rapporto con la società, particolarmente in un contesto europeo e occidentale. Gli excursus, più che benvenuti, nel vicino e lontano Oriente, rappresentano un interessante cambio di scenario che potrebbe suggerire interpretazioni alternative. Il limite di questo volume potrebbe, e me lo auguro, preludere a un futuro lavoro che espanda ulteriormente questi orizzonti.

Nota

1 Per avere un’ulteriore prospettiva sull’iconografia della politica, una raccolta di saggi interessante, è: EUCHNER, Walter, RIGOTTI, Francesca, SCHIERA, Pierangelo (a cura di), Il potere delle immagini. La metafora politica in prospettiva storica, Bologna – Berlino, Il Mulino – Duncker & Humbolt, 1993. Altro punto di riferimento, in lingua tedesca: FLECKNER, Uwe, Handbuch der politischen Ikonographie, München, Beck, 2011.


Resenhista

Alessandro Salvador – Si è laureato in Storia Contemporanea all’Università di Trieste nel 2006 e, nel 2010, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Studi Storici presso l’Università di Trento con una tesi dal titolo Il partito nazionalosocialista e la destra radicale tedesca nelle fasi finali della Repubblica di Weimar: 1925-1933. Tra le sue pubblicazioni vi sono il volume La guerra in tempo di pace. Gli ex combattenti e la politica nella Repubblica di Weimar (Trento, Università degli Studi di Trento, 2013) e alcuni saggi sul combattentismo e sulla smobilitazione dei soldati ex austro-ungarici in Italia dopo la Grande Guerra. Attualmente è assegnista di ricerca presso l’Università di Trento e collabora con i progetti www.lagrandeguerrapiu100.it, CENDARI (Collaborative European Digital ArchivalInfrastructure) e “World War II – Everyday Life Under GermanOccupation” dell’HerderInstitut di Marburg.


Referências desta Resenha

CHELES, Luciano; GIACONE, Alessandro (Eds.). The Political Portrait: Leadership, Image and Power. New York: Routledge, 2020. Resenha de: SALVADOR, Alessandro. Diacronie – Studi di Storia Contemporanea, v.47, n.3, p.251-256, out. 2021. Acessar publicação original [DR]

 

 

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