In cammino. Breve storia delle migrazioni – BACCI (BC)

BACCI, Massimo Livi. In cammino. Breve storia delle migrazioni. Bologna: Il Mulino, 2010. 268p. Resenha de: DONDERO, Enrica. Il Bollettino di Clio, n.8, p.71-71, dic., 2017.

Il passato, il presente e il futuro delle migrazioni. Livi Bacci, uno dei massimi esperti italiani di demografia storica, non limita tuttavia il suo studio a una storia dei gruppi migranti nel lungo periodo, ma inserisce le dinamiche demografiche in una complessa rete di relazioni con quelle economiche, sociali, antropologiche, politiche e giuridiche. A partire da un presupposto – il desiderio di spostarsi è prerogativa ed essenziale componente dell’essere umano – il fenomeno migratorio è osservato da una pluralità di punti di vista: correlato nei suoi sviluppi ad atti politici che, di volta in volta, lo hanno favorito, vincolato o negato; strettamente connesso al progresso tecnico nella comunicazione e nei trasporti; fattore di powerful delle relazioni umane e delle interazioni, delle mescolanze bioenergetiche e culturali, della conoscenza, dei tratti culturali, dei linguaggi e dei comportamenti.

L’attenzione verso il solo aspetto demografico, unitamente alle alterazioni date da distorsioni percettive, luoghi comuni e stereotipi, ha prodotto una visione limitata e riduttiva del fenomeno: nel mondo del XXI secolo, le grandi migrazioni non vengono considerate un motore primario delle società, ma piuttosto una componente deformata del cambiamento sociale, un agente ingovernabile, un disturbo di fondo che distorce la regolarità della vita organizzata. In realtà, homo sapiens è homo movens; quasi il 10% della popolazione dei paesi ricchi ha avuto una storia di migrante: condizione esistenziale comune, quindi, non eccezionale.

Il testo di Livi Bacci, nato dalla sistematizzazione di riflessioni, spunti e scritti precedenti, si basa perciò sull’interpretazione delle migrazioni come specificità umana e fenomeno costitutivo delle società. L’ambizione è quella di precisare, provare e sostenere tale convinzione attraverso il metodo di studio del fenomeno e la sua sostanza e la struttura del volume rispecchia puntualmente le intenzioni: i primi tre capitoli fondano alcuni concetti e schemi interpretativi essenziali per uno sguardo ampio sul fenomeno migratorio; i tre successivi analizzano i sistemi migratori attraverso un indicatore diacronico; gli ultimi due capitoli, a partire da raffronti e analisi incrociate a livello mondiale, prefigurano politiche migratorie tendenti a rendere effettivo il diritto allo spostamento e a dare dignità a una popolazione “con diritti dimezzati”. È presente un’appendice che riporta puntuali dati statistici.

L’onda di avanzamento e le migrazioni lente: il paradigma è tipico degli spostamenti delle società agricole in territori spopolati o radamente insediati. Due aspetti sono caratterizzanti: la capacità di adattarsi ad ambienti diversi e la possibilità di generare un surplus demografico sufficiente per operare ulteriori avanzamenti. Sono coerenti con tale modello le forme di migrazioni preistoriche, ad esempio; o la grande colonizzazione medievale (Drang nach Osten) che, tra XI e XIV secolo, spinse l’espansionismo delle popolazioni germaniche a nord dei rilievi centrali della Boemia fino alla costa baltica; nell’area intermedia dai Paesi Bassi alla Turingia, alla Sassonia e alla Slesia; a sud in direzione delle pianure ungheresi lungo la via naturale del Danubio.

Questo processo di insediamento solleva rilevanti spunti di interesse: fu infatti un movimento intenzionale, organizzato e guidato da una vera e propria politica migratoria; ebbe un cospicuo effetto ‘fondatore’ (pochi capostipiti, molti discendenti); fu sostenuto da una notevole disponibilità di capitali. Tratti similari a quell’onda di avanzamento si possono ritrovare nel graduale popolamento del continente nordamericano, nel quale lo spostamento delle frontiere avvenne per fattori di natura politica, di attrazione e tecnologica (il completamento della ferrovia transcontinentale). Anche relativamente allo stanziamento nella Russia asiatica nel periodo precedente la prima guerra mondiale si possono rinvenire tracce di un’onda di avanzamento; ma in quel caso le intrusioni della politica zarista furono più vincolanti.

Il secondo capitolo introduce il concetto di fitness, capacità di adattamento. Il riferimento non va in modo esclusivo agli elementi biologici, ma anche ai tratti sociali, culturali, antropologici. I migranti non sono un campione casuale della popolazione di partenza: sono selezionati per alcuni caratteri, quali l’età, lo stato di salute, la capacità riproduttiva, la resistenza, la forza fisica; ma anche l’inclinazione a sperimentare il nuovo o caratteristiche acquisite, come un mestiere, possono costituire un vantaggio.

D’altra parte, l’ambiente di destinazione svolge una funzione altrettanto decisiva, anche in relazione all’’effetto fondatore’, cioè al processo che determina lo sviluppo di una nuova popolazione a partire da un ridotto numero di individui. Il caso delle migrazioni funzionali allo schiavismo evidenzia come l’insuccesso dipenda da fattori plurimi: le attività pesanti delle donne, la ridotta possibilità di trovare compagni, la bassa proporzione di coppie, la preferenza dei padroni a investire nel lavoro femminile piuttosto che nella nascita di creoli, la mortalità durante il viaggio e nelle piantagioni, la malnutrizione, il difficile acclimatamento, l’alta densità abitativa e la scarsa igiene.

Le politiche migratorie costituiscono un potente fattore facilitante o ostacolante le migrazioni, di cui si avverte il peso con lo svilupparsi delle prime entità statuali: in che modo influenzano gli esiti, le fitness dei migranti e il loro successo sociale ed economico? Un esempio paradigmatico di influenza positiva è individuato da Livi Bacci nel governo degli Inca, che organizzava insediamenti a carattere coloniale con finalità di presidio, di consolidamento della conquista e di specializzazione produttiva, ma con attenzione alla compatibilità ambientale ed ecologica. Impegno che non ebbero gli Spagnoli, i quali causarono conseguenze nefaste sugli altipiani e compromisero la fitness degli abitanti, indebolendone la sopravvivenza.

Un altro caso interessante si rinviene nella migrazione tedesca (Drang nach Osten) di cui si è già riferito, in particolare nel forte ruolo organizzativo dei principi, della Chiesa o degli ordini cavallereschi. Fu decisiva, in quel caso, la capacità di scegliere i terreni incolti, di distribuirli oculatamente ai coloni, di dotare questi ultimi di materie prime e utensili. L’accortezza della politica messa in atto portò, di conseguenza, a un successo demografico.

In epoca moderna, le monarchie assolute d’Europa ricorsero frequentemente a migrazioni organizzate, sulla base di una filosofia mercantilista sostenuta dall’idea che una popolazione numerosa fosse un pilastro del benessere delle nazioni. Due fattori principalmente motivavano le scelte migratorie: il primo, di natura economica, consisteva nel mettere in valore terre ancora incolte o poco coltivate; il secondo, di natura politica e strategica, mirava a rafforzare le aree di confine adiacenti a Stati ostili di cui si temeva l’aggressività.

Il caso della Maremma toscana, nel XVIII secolo, testimonia invece un tentativo finito in disastro. Pochi anni dopo l’insediamento voluto dal granduca lorenese Francesco II, la colonia era già sull’orlo dell’estinzione. Il rapidissimo declino fu dovuto sia all’abbandono, sia all’alta mortalità favorita da pessime condizioni igieniche, inadeguatezza delle abitazioni, abusi nella distribuzione del cibo, febbri malariche.

Le numerose analisi condotte e i confronti anche sul piano mondiale, gli esempi di migrazioni nel lungo e lunghissimo periodo e gli episodi che si esauriscono in pochi anni confermano la complessa struttura metodologica adottata dall’autore e la sua scelta di non limitarsi alla prospettiva demografica: i fenomeni migratori non possono essere ridotti alla contabilità dei flussi che partono o rientrano. Anche il fattore tempo incide sulle caratteristiche delle migrazioni: la periodizzazione adottata da Livi Bacci nei capitoli specificamente dedicati (XVI-XIX secolo; 1800-1913; 1914-2010) permette l’emersione di alcuni elementi significativi per capire come le condizioni interne a un’epoca siano influenti.

La grande rivoluzione geografica di inizio Cinquecento o la Rivoluzione industriale accelerarono i processi migratori interni ed esterni agli Stati perché fattori oggettivi migliorarono le condizioni della mobilità: progresso nella navigazione, aumento delle disponibilità energetiche, potenziamento delle infrastrutture, innovazioni tecnologiche, aumento dei consumi calorici.

La profonda trasformazione del mondo rurale e il dissolversi dell’antico equilibrio conseguenti allo sviluppo industriale determinarono un nuovo modello di migrazione nel XIX secolo. L’emigrazione europea assunse le caratteristiche di un fenomeno di massa: è il tentativo di uscire dalla trappola della povertà, la rottura di uno storico equilibrio tipico delle campagne basato sulla forza di tolleranza a condizioni ritenute immutabili. La migrazione, in questo caso, seleziona chi ha una solida motivazione, chi rifiuta l’adattamento, chi sa sfruttare appieno le opportunità offerte dal dislivello di circostanze economiche tra paesi di origine e paesi di destinazione.

A partire dalla metà del XX secolo e ancor più nel passaggio del millennio, assistiamo a una serie di fenomeni – alcuni congiunturali, altri strutturali – che modificano le caratteristiche delle vicende migratorie: l’inversione del ciclo di crescita economica, il ripiegamento demografico di alcune aree del pianeta, l’allentamento dei legami umani fra Europa e resto del mondo, l’esplosione di conflitti con sconvolgimenti che hanno pochi paragoni nella storia. Tutto ciò implica la necessità di riconsiderare i fenomeni migratori e le condizioni che li generano; si impone, ad esempio, il riconoscimento della differenza concettuale tra migrazione fisiologica e migrazione di rifugiati e profughi. Pezzi di mondo sono crollati, falliti, e la loro fine innesca partenze che portano sulle nostre coste il migrante nigeriano che fugge la fame e quello siriano che abbandona una città bombardata. Il loro arrivo confligge con le difficoltà legate all’assorbimento nell’attuale contesto economico occidentale, contrassegnato da una forte disoccupazione: come affrontare il problema, come valorizzare la possibilità di accoglienza senza che sia stravolta la struttura sociale ed economica del paese? Come conciliare il diritto che gli Stati hanno di governare i flussi migratori con il dovere di accogliere chi ha lo status di rifugiato?  D’altra parte, l’attuale Europa a produttività frenata, in cui la popolazione anziana ostacola l’inserimento dei giovani ma determina anche un forte aumento della domanda di servizi personali, in cui si afferma una richiesta di qualificazione ad alto livello ma anche di sostegno a lavoro poco qualificato in settori come l’agricoltura e l’edilizia, apre altri interrogativi e rende problematico ogni tentativo di soluzione: ad esempio, l’idea di armonizzare andamento economico e migrazione e di programmare i flussi, da molti sostenuta, è risultata finora fallimentare.

I costrutti delle scienze economiche e sociali restituiscono la complessità della situazione e la necessità di alcuni radicali cambiamenti di rotta; voce sempre più isolata o almeno in controtendenza, Livi Bacci sostiene l’ipotesi di un governo internazionale del fenomeno, una istituzione sovranazionale alla quale possano essere cedute frazioni, anche minime, della sovranità statuale in ambiti connessi con le migrazioni. Ma suggerisce anche di cambiare la struttura mentale nell’approccio al fenomeno: non considerare il migrante solo nella sua condizione economica di forza lavoro, elemento estraneo alla società che lo accoglie, ma valorizzare la qualità del capitale umano, attivando politiche sociali finalizzate.

Ciò implica integrare i modelli interpretativi usuali con le idee di immigrazione di insediamento e di cittadinanza e affrontare nel dibattito pubblico, e quindi anche a scuola, i temi della crisi della regione di arrivo e di una strategia politica che contempli la volontà di inclusione.

Il libro fornisce agli insegnanti una grande ricchezza di elementi per un approccio ampio e articolato sul piano interdisciplinare, ma non elude un presupposto valoriale. Livi Bacci ricorda, infatti, in conclusione, una lezione fondamentale: “Quanta strada c’è ancora da fare per dare ordine e dignità a una delle prerogative fondamentali dell’individuo: quella di spostarsi nello spazio, senza ledere i diritti altrui e senza il timore che ai propri venga fatta violenza”.

Enrica Dondero

Acessar publicação original

[IF]

O Mundo em 2050: como a Demografia, a Demanda de Recursos Naturais, a Globalização, a Mudança Climática e a Tecnologia Moldarão o Futuro | Laurence Smith

Editado recentemente pela Editora Elsevier, o livro do geocientista americano, especialista em impactos geofísicos da mudança climática e consultor do governo dos Estados Unidos Laurence C. Smith, com o título em português O Mundo em 2050. O Futuro de Nossa Civilização, a partir do próprio título deixa o leitor curioso a respeito do seu conteúdo.

Smith não se concentra somente em um setor, como o crescimento populacional, ou mesmo, o futuro das fontes energéticas. Ele procura mostrar, com a ajuda da Geografia e da História, como as condições atuais de tratamento da Natureza, deixarão marcas duradouras no futuro.

Para isso, se utiliza de modelos computacionais altamente sofisticados, pois, como se sabe, essas forças – demografia, demanda de recursos, globalização e mudança climática – estão intimamente interligadas, tendo o poder de moldar o nosso futuro. Daí, com a ajuda desses modelos, o cientista acredita ter condições de analisar tendências, convergências e possíveis paralelos entre elas. Pretende, através de uma base científica, formalizar uma ideia do que poderá ocorrer nos próximos 40 anos, a partir das tendências atuais, uma vez que estas poderão ser previstas e extrapoladas para o futuro.

Nas suas pesquisas, Smith chegou à conclusão que o aquecimento ampliado do clima começou no Norte, daí, faz as seguintes perguntas: qual o significado disso para os povos e ecossistemas da região? Quais as suas tendências políticas e demográficas? O que isso representaria no que diz respeito aos vastos depósitos de combustíveis fósseis que se acredita haver abaixo do leito dos seus oceanos? De que maneira se transformaria, por pressões ainda maiores que vem se acumulando ao redor do mundo? Que aconteceria se, como sugerem muitos modelos climáticos, nosso planeta for assolado por ondas de calor insuportáveis, secas e a consequente queda da produção agrícola? Será que haveria a possibilidade de surgir novas sociedades humanas em lugares que, hoje, nos parecem inóspitos?

São essas as questões que o autor tenta responder ao longo da discussão que, como vemos pelo próprio título da obra, trata do futuro do planeta. No diagnóstico desse futuro, o autor analisa, por exemplo, os gases do efeito estufa e a oferta de recursos naturais. O autor tem, ainda, a preocupação de projetar quarenta anos no futuro, estudando de perto o que se passa hoje na natureza e o porquê dos fatos.

Para discutir o futuro é preciso entender o passado. Assim, em ordem histórica de importância, o autor analisa as quatro forças globais que há séculos vem, em processo, contribuindo para moldar o nosso mundo em 2050: a demografia, a demanda por recursos naturais, a globalização e a mudança climática.

Ao tratar da primeira força, a demografia, o autor traz uma série de números a respeito do crescimento populacional, desde o advento da agricultura, quando “havia talvez um milhão de pessoas no mundo”, até os dias de hoje, quando a população mundial chegou aos “sete bilhões em 2011” (p.9). A crescente demanda por recursos naturais e serviços, resultante de uma população mundial que não para de crescer também é motivo de sua análise. O fenômeno da globalização é visto pelo autor, como um conjunto de processos econômicos, sociais e tecnológicos, que está tornando o mundo mais interconectado e interdependente – aí ele percebe implícita uma política cultural e ideológica.

No que tange às mudanças climáticas, faz um histórico do desenvolvimento do efeito estufa que, já em 1820, teve sua existência deduzida pelo matemático francês Joseph Fourier (que deduziu que a terra estava muito mais quente que costumava ser, dada a sua distância em relação ao sol). Smith não deixa de citar, neste sentido, o papel da tecnologia, considerada por ele a quinta força, que pode servir de capacitador ou freio para as quatro forças globais, na medida em que tem condições de corrigir problemas.

A partir desta introdução o autor passa a fornecer ao leitor dados e tendências essenciais que ajudam a entender a dinâmica do desenvolvimento que engendrará a imagem do ano 2050. Para isso, recorre ao debate que os cientistas vêm fazendo em nível mundial e que diz respeito à substituição de combustíveis fósseis por tipos de energias renováveis, assim como a possibilidade de reciclagem e poupança dos citados materiais. Abalizando os prós e contras da utilização de diferentes tipos de energia e matérias primas, Smith não descarta o grande potencial de conflito que poderá se desenvolver na exploração de recursos naturais, como água, petróleo e gás natural.

Nesse sentido, de onde viriam essas novas fontes de energia, em 2050? Através do hidrogênio como nos filmes de ficção científica? Dos biocombustíveis (etanol, a partir da cana ou da beterraba)? Da energia nuclear com seus riscos a saúde pública? Da energia hidrelétrica que gera atualmente 16% da eletricidade do mundo? Da energia eólica ou solar, setores em crescimento, sobretudo em países de altitudes médias e altas?

O autor é conclusivo no que diz respeito ao aumento de fenômenos climáticos extremos ou a elevação do nível do mar, mostrando como a mudança climática conduz a tempestades devastadoras.

Nesta perspectiva, cita a catástrofe que se abateu em 2008 sobre o estado de Iowa, que se destacou como a segunda maior em 136 anos. Em maio do mesmo ano, um tornado de categoria f5 atingiu o estado, além de outros 48 menores, todos eles com vítimas fatais. Enquanto isso, em 4 de junho do mesmo ano, o governado Arnold Schwarzneger anunciou uma grande seca no estado da Califórnia, grande produtor de produtos agrícolas dos EUA. Assim, de repente, a Califórnia se viu em meio a uma crise econômica histórica que atingiu o setor da habitação e os mercados de crédito globais, na eminência de perder mais de 80 mil empregos e U$$ 3 bilhões em receitas agrícolas.

Secas excepcionais castigaram países no mundo inteiro, ameaçando a agricultura e provocando incêndios (p.70), como os que alcançaram a Austrália, matando 200 pessoas. Em Chattisgarh, na Índia, 1.500 agricultores cometeram suicídio porque, com a seca, tiveram suas terras confiscadas pelo não pagamento das dívidas.

Para Smith, o problema central no futuro é que uma parcela crescente da população mundial viverá em locais onde a água, sem dúvida, será escassa. Na página 75, o autor comenta que,

enquanto 8 em cada 10 pessoas tem acesso a algum tipo de água melhorada, essa media global mascara intensas discrepâncias geográficas. Alguns países como Canadá, Japão e Estônia fornecem água potável a todos os seus cidadãos. Outros, especialmente na África, oferecem água potável a menos da metade da sua população. (SMITH, 2011, p. 75)

Outro fato aterrorizante, discutido pelo autor, é que já se pode constatar que cada vez mais multinacionais estão privatizando e consolidando os sistemas de abastecimento de água. Cita três exemplos destas: Suez Veolia Enviromental Services (ex- Vivendi) e Thames Water, que, expandindo-se, transformaram-se em empresas de comercialização de água em todo o mundo em desenvolvimento. Em 2009 a Siemens pagou um U$$ bilhão pela U.S Filter, maior fornecedor de produtos e serviços para tratamento da água da América do Norte. A General Eletric e a Dow Chemical também estão entrando no ramo da água (p.77) ao lado da Nalco, ITT e Danaher Corporation.

Contrariando o senso comum, o crescimento populacional e a industrialização representam, para o suprimento de água global, um desafio ainda maior que a mudança climática. O fornecimento de uma quantidade adequada de água para essa produção, a expansão dos parques industriais e, paralelamente, a necessidade de manter a água limpa nesse processo, será, para o autor, o grande desafio do século.

Ao considerar as mudanças climáticas o autor se concentra na análise da elevação das temperaturas no Norte, fato que está ocorrendo mesmo no período do inverno e em altíssimas altitudes. Ele afirma que qualquer processo de mudança climática “é errático ao longo do tempo” (p.104). A mudança climática apresenta ainda um segundo fato: a sua geografia nem sempre é global e nem sempre tende ao aquecimento. A mudança climática não é apenas errática no que diz respeito ao tempo, mas também em termos geográficos. Outro fato é que a mudanças climáticas ocorrerão diferentemente no globo, assim como as situações a elas ligadas: quando existe um aumento de temperatura em um local, não significa que em todos os lugares do globo ela sofra o mesmo aumento. Em alguns locais poderá ocorrer um aumento mais acentuado e em outros poderá ocorrer até mesmo um resfriamento.

O segundo cenário considera igualmente uma população mundial estabilizada e uma pronta adoção de novas técnicas de produção de energia, advindas tanto dos combustíveis fósseis como de combustíveis não fósseis. O terceiro cenário pressupõe um mundo heterogêneo, com forte crescimento populacional, um lento desenvolvimento econômico e uma lenta transição para novas tecnologias que produzam energia.

Smith mostra, ainda, de forma clara, que a mudança climática será bem mais pronunciada na região Norte. Em 2007 foi comprovado que 40% da calota polar derreteu, desaparecendo em questão de meses. Os modelos climáticos existentes não haviam previsto um fenômeno como esse, até pelo menos em 2035. Tais modelos não acompanharam a rapidez que o fenômeno se deu de fato. A fauna e a flora também sofreram o impacto dessa mudança de temperatura.

O autor mostra a mudança de comportamento do urso polar cujo lar é o gelo flutuante, onde caça, dorme e se acasala. O urso polar não hiberna no inverno. No verão, quando o gelo se desintegra e diminui, eles são forçados a migrar para a terra, por conseguinte sendo forçados a jejuar até a volta do gelo. Com isso, em 2004, foram confirmadas pelos biólogos três ocorrências em que ursos polares caçaram e comeram uns aos outros. O que significa dizer que a cadeia alimentar como um todo – do microscópico fitoplâncton ao urso polar –, que está intrinsecamente associada à presença do gelo oceânico está sendo prejudicada.

Não se pode esquecer que seres humanos também dependem do gelo, como os esquimós que vivem no litoral do Oceano Ártico, caçando focas, ursos polares, baleias, e outros peixes, onde já se vê uma mudança de hábitos. Milhares de quilômetros de distancia, nem por isso se entregam ao desespero. Toda essa discussão precedente levará o autor ao ponto principal, ou seja, as consequências dessa situação de aquecimento global e esgotamentos das fontes de energia tradicionais para os oito países que estão na zona do ártico: Rússia, EUA, Canadá, Islândia, Noruega, Finlândia, Dinamarca e Suécia, que terão possibilidades de se beneficiar, haja vista as riquezas do subsolo da região e outros valiosos recursos naturais. A partir dessas novas previsões, esses países estão, pelo menos, avaliando a implementação de novos esquemas na região.

Ampliando suas análises a respeito de 2050 o autor calcula que: a) a população mundial terá aumentado neste ano quase 50%, formando aglomerados urbanos próximos as latitudes mais baixas e quentes do planeta; b) estão surgindo países com grande potencial econômico como China, Índia e Brasil; c) grande parte da população viverá nas cidades e estará mais velha e mais rica; d) a água em muitos locais se tornará escassa; e) cidades sofrerão com a elevação do nível do mar; f) a agricultura irrigada praticamente não existirá.

Comprovadamente, o livro de Laurence C. Smith vale a pena ser lido. Escrito de modo fascinante o livro mostra metodologicamente as consequências socioeconômicas que derivam das mega-tendências do desenvolvimento mundial até o ano 2050, se valendo, para tanto, de dados respaldados em estudos econômicos, sociológicos, ecológicos e geológicos. O livro impressiona ainda pela abundancia de dados apresentados de forma clara e inteligente, numa leitura leve que não cansa o leitor (apesar das interligações feitas entre passado, presente e futuro). É leitura obrigatória para aqueles que se preocupam com a história ambiental e o futuro do planeta.

Ana Maria Barros dos Santos – Doutora pela Universidade Friedrich Alexander Erlangen-Nurnberg (Alemanha). Professora do Departamento de História da Universidade Federal de Pernambuco. AMBS/UFPE.


SMITH, Laurence C. O Mundo em 2050: como a Demografia, a Demanda de Recursos Naturais, a Globalização, a Mudança Climática e a Tecnologia Moldarão o Futuro. Trad. Ana Beatriz Rodrigues. Rio de Janeiro: Elsevier, 2011. Resenha de: SANTOS, Ana Maria Barros dos. CLIO – Revista de pesquisa histórica. Recife, v.30, n.1, jan./jun. 2012. Acessar publicação original [DR]

A dinâmica demográfica de Goiás – CHAVEIRO et al (BGG)

CHAVEIRO, Eguimar Felício; CALAÇA, Manoel; REZENDE, Mônica Cristina da Silva. A dinâmica demográfica de Goiás. Goiânia: Ed. Ellos, 2009. 129 p. Resenha de: RUSEL, Andréia Borges Alencar. Boletim Goiano de Geografia. Goiânia, v. 29 n. 2, jul./dez. 2009.

A obra intitulada A dinâmica demográfica de Goiás, dos geógrafos Eguimar Felício Chaveiro, Mano­el Calaça e Mônica Cristina da S. Rezende, expõe um estudo acerca da dinâmica demográfica do território goiano. É apresentada, no livro, uma rica exposição de dados secundários sobre a evolução do perfil popula­cional do estado para o período de 1970 a 2004, assim como, um debate especial a respeito das temáticas ser­tão, fronteiras e cidades médias em Goiás.  O livro é estruturado em três capítulos precedi­dos de uma breve introdução. Na introdução os auto­res destacam a importância de se adotar nos estudos demográficos além das clássicas categorias de análise como fecundidade, migração, distribuição da população no território, mortalidade, etariedade, novas categorias como cor­poreidade, gênero, etnia, movimento social, etc. Para os autores a incorpo­ração dessas novas categorias cria um “alargamento temático que desafia a investigação demográfica” (p. 12).  Ainda na introdução é apresentado aos leitores o pressuposto teórico que orientou o desenvolvimento do livro:  Não se entende o território goiano sem a dinâmica demográfica que lhe ins­taura concretude; e não se entende a demografia sem interpretar o território goiano que alimenta a dinâmica da população, em variadas acepções e ver­tentes. (p. 12) O primeiro capítulo intitulado de: território e o sujeito social trata da evolução da população goiana. Nesse momento os autores buscam respon­der às questões como: “tem algum valor compreender a evolução populacio­nal de Goiás? Analisar essa categoria – evolução populacional – tem algum respaldo no pensamento demográfico atualizado? “ (p. 17). Para tal objetivo adota-se dois período de analises: Goiás de 1930 até 1970, “período que se refere ao Goiás das políticas expansionistas (construção de Goiânia, Macha para Oeste, CANG, PNDs, os plano Rodoviários, etc)” (p. 18) e Goiás de 1970 até 2000 que: Representa um outro Goiás, amparado por infra-estrutura consolidada (rodovias, energia elétrica, comunicação), mas cindido (separação de To­cantins); um Goiás que sofre influencia da construção de Brasília; um ter­ritório com uma modernização conservadora que se articula à economia nacional e se prepara, posteriormente, se aglutinar à economia internacio­nal. (p. 19) Para os autores a análise do crescimento populacional do estado, nos dois períodos citados, permite uma compreensão da atual dinâmica popu­lacional, assim como das transformações produzidas por estas mudanças. demográficas.  Ainda no primeiro capítulo é analisado as transformações sociais de­rivadas das transformações espaciais no estado.

Durante a década de 1970, os investimentos realizados em técnicas e em in­fraestrutura como transporte, comunicação energia elétrica e modernização agrícola, concentrando-se na Mesorregião Sul do Estado, impulsionaram a manutenção de elevadas taxas de crescimento populacional, destacando-se a fixação de parcela da população de baixa renda aos arredores do município de Goiânia, principalmente em Aparecida de Goiânia e Entorno do Distrito Federal. (p. 27) No segundo capítulo, intitulado O espaço/tempo da estrutura da po­pulação, os autores destacam a importância do saber demográfico como um “instrumento de interpretação da estrutura e qualidade social” (p. 36). Um saber estratégico que serve tanto ao Estado e às instituições hegemônicas, como também aos setores de resistência da sociedade, especialmente, aos movimentos sociais.  Baseados em dados estatísticos secundários de órgãos oficiais como IBGE e estudos desenvolvidos pelo Programa das Nações Unidas para o De­senvolvimento disponíveis no Atlas do Desenvolvimento Humano no Bra­sil, os autores explicam as principais mudanças ocorridas nos padrões de fecundidade, mortalidade e estrutura etária da população goiana. Assim como as diferentes concepções de juventude e velhice.

O terceiro capítulo intitulado de A demografia e o território: unida­des e diferencialidades apresenta um estudo sobre o efeito e os impactos do processo migratório no crescimento demográfico do estado. Neste capítulo a migração é compreendida como um fenômeno social, conectado aos processo econômicos políticos e culturais.

Os autores apóiam-se em vários estudos teóricos para subsidiar as reflexões entorno da importância do processo migratório no crescimento populacional goiano, especialmente, a partir da década de 1970, período em que se registra queda do crescimento vegetativo em Goiás, fato demonstrado com o capítulo anterior. Apresentam as diferentes modalidades de migração que influenciaram e influenciam a densidade populacional, além de expli­car como a migração ocorre e como o território reage a esta dinâmica.  No terceiro capítulo encontramos informações que nos ajudam a compreender a atual distribuição desigual da população, com tendência a concentrar nos centros econômicos e em seus entornos.  O mapa da distribuição da população nos revela uma desigualdade na dis­tribuição populacional, destacando alguns municípios, o que representa a especificidade econômica, política ou cultural imposta por um modelo de desenvolvimento econômico que deu certo e ainda impõe sua forma hegemô­nica. (p. 87) Os autores apresentam, também, os fatores históricos que influen­ciaram na composição da população, como a vinda dos negros e europeus para suprir a necessidade de mão-de-obra, e o movimento ocasionado pela Revolução Industrial que motivou fortemente a migração mundial.

Os autores encerram o capítulo com uma breve redação quanto à mi­gração dos goianos para os países ricos pós-Atlântico, relatando a situação destes sujeitos expatriados.  O livro é uma obra didática e objetiva que apresenta, com clareza, alguns elementos básicos do saber demográfico e das bases conceituais para compreensão da dinâmica demográfica do estado de Goiás.

Andréia Borges Alencar Rusel – Licenciada em geografia pela Universidade Federal de Goiás.

 

Estudos Feministas | UFSC | 1992

Estudos Feministas

A Revista Estudos Feministas (Florianópolis, 1992-) é uma revista trimestral indexada que circula nacional e internacionalmente, com o objetivo de divulgar textos cientificamente originais nos idiomas português, espanhol e inglês, na forma de artigos, ensaios e resenhas sobre gênero e feminismos que possam estar relacionados a um disciplina particular ou interdisciplinar em sua metodologia, teoria e literatura. Os artigos publicados contribuem para o estudo de questões de gênero e derivam de diferentes disciplinas: sociologia, antropologia, história, literatura, estudos culturais, ciência política, medicina, psicologia, teoria feminista, semiótica, demografia, comunicação, psicanálise, entre outras.

Trabalha em regime de rotação institucional desde 1992 e foi publicado pela primeira vez pela Coordenação Interdisciplinar de Estudos Contemporâneos da Escola de Comunicação da Universidade Federal do Rio de Janeiro. Posteriormente, o Programa de Pós-Graduação em Ciências Sociais e o Instituto de Filosofia e Ciências Sociais da Universidade Federal do Rio de Janeiro assumiram a responsabilidade pela edição da Revista. Desde 1999, o Centro de Filosofia e Ciências Humanas e o Centro de Comunicação e Expressão da Universidade Federal de Santa Catarina abrigam a revista. Atualmente, é incorporado ao Instituto de Estudos de Gênero, órgão que reúne pesquisadores de diferentes disciplinas [áreas de conhecimento e atividade] da UFSC, que têm como denominadores comuns os estudos feministas e as perspectivas de gênero.

Periodicidade quadrimestral

Acesso livre

ISSN 0104-026X (Impresso)

ISSN 1806-9584 (Online)

Acessar resenhas

Acessar dossiês

Acessar sumários

Acessar arquivos