517: Weltgeschichte eines Jahres [Historia mundial de un año] | Heinz Schilling

La transformación de la producción de contenidos históricos, enfocados principalmente en el placer y la experiencia del público, ha significado un cambio también en los géneros narrativos de los libros que manejan estos contenidos, por lo que el género de difusión sigue siendo cada vez más atractivo y variado en el mercado editorial contemporáneo1 . Libros como A people’s History of America —con la variación francesa de Gérard Noiriel—, The Square and the Tower, la serie de historias mínimas que se publican en el Colegio de México, la apasionante biografía Chocolat de Gérard Noiriel o el último éxito en ventas de Francia Histoire mondiale de la France2 son ejemplo de tal transformación pues no solo siguen la regla de oro de usar un lenguaje claro y sencillo para un público amplio sino que también exploran formas diferentes de exposición; de ahí que la linealidad temporal, la unidad de tema y otras limitaciones —a veces propias del rigor académico— se desvanezcan y se traslapen como en una obra de Shakespeare.

En lengua alemana también han aparecido textos similares en esta década3 .El libro de Heinz Schilling 1517 —homónimo en su título con el de Peter Marshall4 —, que apareció en la lista de los best sellers de la revista Spiegel del año 20175 , se inscribe en la categoría comentada aunque hunde sus raíces en la tradicional escritura sinóptica —synoptische Geschichtsschreibung— de la historia universal6 . Se trata de un libro de no ficción —o, como se conoce en Alemania, Sachbuch— que versa sobre un radio geográfico global y una temporalidad que trata de reducirse a una vuelta alrededor del sol: un espacio desbordado y un tiempo restringido, la astronomía por encima de la geología —en términos de John Sterling7 —, la invitación de Mefistófeles a Fausto a ver el mundo en una noche. La labor, a pesar de lo tentadora, resulta más arriesgada que la de Geoffrey Parker en su monumental Global Crisis; que la genial propuesta de Timothy Brooks en Vermeer’s Hat; o que la de Tony Judt en su ya clásico Postwar. Leia Mais

O norte do Rio de Janeiro no século XVI: à luz da história mundial e da eco-história

O movimento histórico de estruturação e institucionalização da História Ambiental, iniciado em meados da década de 1970, traz transformações importantes no campo historiográfico. A abordagem ecológica insere no trabalho do historiador novos modelos interpretativos para o estudo dos comportamentos sociais, do local ao global. O Norte do Rio de Janeiro no Século XVI à luz da história mundial e da eco-história, apresenta-se como um exemplo de trabalho sobre as contribuições metodológicas que ambas as abordagens podem proporcionar para o estudo da História.

A leitura do texto mostra-se um exercício para a compreensão do que se propõe a história ambiental. O conhecimento sobre as produções humanas e os processos de territorialização abarcam as interações entre homem e natureza e a construção de ambientes equilibrados ou não entre eles. Os elementos que formam o meio em que os seres humanos se apropriam interferem em seus comportamentos, suas ações coletivas, suas produções materiais e culturais, atribuindo ao mundo natural influência significativa para o entendimento das civilizações. Leia Mais

Storia globale. Un’introduzione – CONRAD (BC)

CONRAD, Sebastian. Storia globale. Un’introduzione. Roma: Carocci, 2015. 210p. Resenha de: PERILLO, Ernesto. Il Bollettino di Clio, n.5, p.55-60, giu., 2017.

Non considerata a rigore tra i segnali paratestuali, l’introduzione assolve a diversi compiti importanti: indicare le ragioni della trattazione del tema in oggetto; presentare il tema, esplicitando, se necessario, questioni, genesi, elementi; ricapitolarne riassuntivamente il contenuto.

Posta sulla soglia del testo, l’introduzione ne costituisce, dunque, la necessaria porta di ingresso: una mappa per la comprensione anticipata del territorio che vogliamo esplorare. In questo caso quello della storia globale: il libro di S.Conrad ci consente di averne una visionecomplessiva e articolata, capace di farci conoscereil tema ancora prima di averlo attraversatoconcretamente e utile proprio per esserne unaguida preventivamente efficace.

Un’introduzione, appunto.

Analizziamo la mappa/introduzione alla storia globale: ci mostra sostanzialmente tre luoghi e consente di rispondere a tre domande:  La sua genesi: quando e com’ è nata la storia globale?  Definizione e contenuti: che cosa è e di cosa si occupa la storia globale?  Gli aspetti critici: quali le controversie e le obiezioni più frequenti?  Cominciamo allora l’esplorazione, partendo dalla definizione di storia globale :  “A un primo approccio, ancora molto generale, la storia globale definisce una forma di analisi storica nella quale fenomeni, eventi e processi vengono inquadrati in contesti globali. Con ciò non si intende necessariamente che l’indagine venga estesa all’intero globo terrestre; per molti temi i punti di riferimento saranno più limitati. Ciò significa anche che la maggior parte degli approcci di storia globale non cerca di sostituire l’affermato paradigma storico-nazionale con un’ astratta totalità del “mondo”, cioè di scrivere una storia totale del globo. Spesso si tratta più facilmente della storiografia di aree limitate, quindi non “globali”, ma piuttosto con una consapevolezza delle relazioni globali”.1  La storia globale è dunque innanzi tutto una prospettiva2, che pone in primo piano altre dimensioni, altre domande attraverso le quali traguardare il passato. Ma è al tempo stesso un tema specifico del discorso storico: per una contestualizzazione globale è spesso importante rendere conto del grado e del carattere dei collegamenti delle reti globali.3

La genesi

Quando si chiede a uno storico/a una definizione, (di solito) la riposta è il racconto di una storia: la comprensione di un fatto è custodita nella sua genesi; nei contesti e/o nei processi dentro i quali esso si è manifestato.

S.Conrad dedica i capitoli iniziali della suaintroduzione alla storia della storia globale, a partire dall’antichità, per mostrare come i concetti di “mondo” e globalità siano storicamente mutevoli e diversi a seconda dell’epoca e dei luoghi. E mette a fuoco un elemento decisivo:

“ Come qualsiasi altra forma di storiografia, anche la storia globale è sempre plasmata dalle sue condizioni di nascita e dal contesto sociale concreto nel quale viene scritta. Una prospettiva di storia globale è, a questo riguardo, prima di tutto una specifica lettura delle relazioni globali, e non significa affatto che questa visione debba anche essere capita o addirittura accettata ovunque nel mondo. Così come i testi scolastici tedeschi, francesi o polacchi si possono differenziare (nei loro interessi tematici, in ciò che omettono, ma anche nelle interpretazioni degli eventi che trattano), altrettanto le rappresentazioni della storia mondiale possono variare talvolta in maniera sostanziale.

(…) Singoli temi, ad esempio lo schiavismo, mutano il loro significato sociale in maniera basilare, a seconda se esso venga preso in considerazione dalla prospettiva dell’Angola o della Nigeria, del Brasile o di Cuba, ma anche della Francia o dell’ Inghilterra. E anche il concetto di mondo rispettivamente rilevante non è affatto omogeneo in differenti società e nazioni.

Poiché la storia globale non è un soggetto naturalmente dato ma rappresenta una prospettiva, è tanto più importante considerare da dove essa viene osservata.” (p. 45)

Tre sono gli approcci che dagli anni Novanta del secolo scorso caratterizzano la storia globale:  -l’analisi di connessioni transnazionali(senza un esplicito riferimento al”mondo”): il riferimento è alla storiacomparata (ma non solo) e all’attenzioneprivilegiata alle macroregioni (OceanoIndiano, Oceano Atlantico, il continenteeuropeo nel suo complesso…); -la storia delle civiltà; -la pluralizzazione della storia globale emondiale: “conviene osservare la storia globale in una prospettiva di storia globale, per assicurarsi della relatività e della posizionalità di ogni lettura del passato globale.”(p. 63)

I contenuti

a.Gli ambiti

S.Conrad individua quattro ambiti didiscussione, all’interno dei quali attualmente gli storici riflettono sulla dinamica del mondo moderno:  -la teoria del sistema-mondo: dall’approccioteorico elaborato da I. Wallerstein negli anni Settanta alle critiche successive circa la possibilità del suo utilizzo ancora oggi: superamento della cornice analitica dello Stato nazionale, uso del concetto dell’incorporazione graduale in un contesto dominato dall’Europa, attenzione ai cambiamenti strutturali di natura macrostorica;  -i postcolonial studies per una lettura noneurocentrica del mondo moderno. Dopo aver messo in luce alcuni elementi critici della prospettiva postcoloniale, l’autore ne sottolinea tre aspetti ancora significativi: l’esistenza di spazi di ibridazione, acquisizioni locali, negoziazioni in condizioni coloniali accanto alla diffusione e all’adattamento come processi di transfer culturali di storia mondiale; l’attenzione alle dipendenze, interferenze, connessioni, superando l’idea che nazione e civilizzazione siano da considerare unità “naturali” della storia, contro una storiografia mondiale eurocentrica che legge lo sviluppo europeo/occidentale slegato dal resto del mondo; la considerazione che i processi di integrazione globale si realizzano entro rapporti e strutture di dominio;  -le analisi delle reti: l’epoca degli Statinazionali, basati sul controllo di territori pensati come superfici in relazione tra di loro, è stata sostituita dall’epoca della connessione (merci, informazioni, uomini e donne);  -il concetto di multiple modernities: al centrodell’attenzione la pluralizzazione delle linee di sviluppo della modernità e il ridimensionamento dell’assioma della secolarizzazione che avrebbe accompagnato ovunque i processi di modernizzazione.

Diversi, secondo Conrad, sono gli ambiti storiografici rivisitati in prospettiva di storia globale dalla storia economica a quella sociale, da quella geopolitica alla storia culturale e della vita quotidiana, per citarne alcuni. L’autore indica sei campi nei quali oggi la ricerca è particolarmente attiva: merci globali; storia degli oceani; la migrazione; gli imperi; la nazione; la storia dell’ambiente.

b.Le problematiche di riferimento

Quali le principali questioni della storiaglobale? Conrad le individua a partire dalle seguenti domande:  “Come si può scrivere una storia del mondo e delle sue connessioni che non sia eurocentrica e la cui logica non sia prestrutturata attraverso l’uso di concetti occidentali? Da quando si può propriamente parlare di un contesto globale, e di una storia della globalizzazione? Ha corso la storia del mondo sempre verso l’egemonia dell”’Occidente”, come essa si è manifestata nel XIX e XX secolo, e quali erano le cause di questa divergenza tra Europa e Asia? Infine, c’è stato un potenziale di modernizzazione anche al di fuori dell”’Occidente”, e quale significato hanno avuto le rispettive risorse culturali di società premoderne per la transizione a un mondo moderno globalizzato? “ (p. 95)  Sono questioni importanti: potrebbero (dovrebbero?) essere domande guida anche per la storia generale insegnata. Vediamole nel dettaglio:  Eurocentrismo  Per molto tempo nella storiografia mondiale l’Europa (e la master narrative eurocentrica) era vista come l’unico soggetto attivo.

Nell’assunzione critica dell’eurocentrismo si tratta di trovare un equilibrio tra il superamento di questa impostazione e la non marginalizzazione dell’Europa, distinguendo tra eurocentrismo come dinamica del processo storico (incomprensibile senza il riferimento all’egemonia dell’Europa occidentale e più tardi degli Stati Uniti, in un processo che non fu lineare e che ebbe inizio solo nel XIX secolo) ed eurocentrismo come prospettiva: presunti concetti analitici come nazione, rivoluzione, società o progresso trasformarono un’esperienza parziale, quella europea, in una lingua teorica universalistica, che prestruttura già l’interpretazione dei rispettivi passati locali.

Periodizzazione

Anche qui ha senso distinguere in modo euristico tra globalizzazione come processo e globalizzazione come prospettiva. In merito al primo punto: la maggior parte degli storici pone l’inizio di una connessione globale al principio del XVI secolo. La seconda possibile cesura di questa storia cade nel XIX secolo: fino ad allora il mondo era ancora un mondo delle regioni, strettamente unito da molteplici reti (reti commerciali e correnti migratorie così come comunanze culturali). Ma solo dalla metà del XIX secolo si giunse a una connessione sistematica, all’integrazione globale delle società, in ragione della sovrapposizione di «due macroprocessi reciprocamente dipendenti» (Charles Tilly) del mondo moderno: la formazione e la diffusione del sistema degli Stati nazionali e la creazione di un meccanismo universale di mercati e di accumulazione di capitale.

Si può parlare di una nuova fase della globalizzazione dal 1990? Conrad mette in discussione questa ipotesi, sottolineando come, in generale, una storia della globalizzazione non dovrebbe essere una narrazione lineare della sempre più grande connessione del mondo.

Altro aspetto fondamentale: la globalizzazione come prospettiva. Nel XIX secolo la globalizzazione ha presupposto la diffusione di norme euro-americane, in condizioni di colonialismo e di estensione universale dello Stato nazionale. All’interno di questo paradigma le differenze culturali erano state gerarchizzate e disposte in scala temporale: la connessione del modernizzazione complessiva e di un’omogeneizzazione graduale. Dal tardo XX secolo, sostiene Dirlik, ciò è mutato: la differenza culturale non appariva più come arretratezza, ma era concepita come alternativa a concetti eurocentrici o, meglio, universali. La globalizzazione e l’insistenza sull’ autonomia culturale andavano di pari passo. E ancora: l’aumento d’interazione globale addirittura rafforzava e produceva specificità culturali. Invece di una temporalizzazione della differenza, nel senso della costruzione di diversi gradi di sviluppo, il mondo globale del XXI secolo ha vissuto addirittura uno spatial turn. Progetti di modernità culturalmente diversi e concorrenti potevano dunque essere pensati come esistenti fianco a fianco contemporaneamente.

Asia e Europa

Perché l’Europa? In che cosa consisteva il Sonderweg (“la via speciale”) europeo? È davvero esistito?  Nella lunga discussione su questo tema, si possono distinguere essenzialmente tre posizioni. La prima rimandava a Marx e poneva in primo piano la questione dei modi di produzione. In opposizione a ciò, gli storici che si orientavano all’opera di Weber insistevano sui fattori culturali e istituzionali. Sia l’approccio classicamente marxista che quello weberiano privilegiano, secondo Conrand, modelli esplicativi endogeni e si limitano a una narrativa che spiega l’ascesa dell’Europa da sé stessa, internalisticamente.

A partire dai tardi anni Novanta è stata pubblicata una serie di lavori che hanno spostato il terreno sul quale era stata condotta questa discussione in maniera sostanziale. Conrad passa in rassegna i contributi revisionistici della cosiddetta California School (l’espressione designa storici come Pomeranz, Wong, Frank) che hanno proposto una spiegazione della dinamica dell’economia inglese non più endogena e non basata su lunghe continuità culturali e istituzionali. Al centro di questa lettura la prospettiva comparata, lo sguardo dalla Cina, l’accentuazione di interazioni transregionali, l’attenzione alle origini politiche della rivoluzione industriale e l’enfatizzazione di fattori casualmente coincidenti (conjunctural foctors).

Early modernities

In generale si tratta di capire quale significato possa essere attribuito, nel passaggio al mondo moderno, alle diverse risorse culturali di società non occidentali.

Gli approcci più interessanti della early modernity si riferiscono a un periodo dell’età moderna, che durò all’incirca dal 1450 al 1800, un’epoca durante la quale si costituirono le forze e le strutture che produssero trasformazioni in collegamento tra di loro, ma per nulla identiche, che poi sfociarono nel mondo del XIX secolo: solo nell’ambito dell’integrazione imperialistica e capitalistica del mondo dopo il 1800 esse furono gradualmente incorporate negli ampi processi che plasmarono il mondo moderno.

La più estesa argomentazione della early modernity è stata sinora formulata per la Cina e in generale per altri paesi asiatici (India e Giappone)  Le critiche  I progetti di storia mondiale e globale non sono stati esenti da critiche e obiezioni, anche se le riserve, in fondo, non hanno messo in discussione in modo radicale tale approccio. Nell’illustrare i principali limiti della ricerca di storia globale, l’autore vuole dare un contributo costruttivo per l’approfondimento di questa prospettiva.

La riserva metodologica

Gli storici globali non si basano su fonti primarie ma sono vincolati del tutto alla letteratura secondaria. Del resto questa è anche la situazione delle opere generali di storia nazionale che si basano su una visione d’insieme dei risultati di ricerche “locali”.

La strumentazione concettuale

Le nozioni/concetti con cui si scrive la storia delle connessioni globali sono quelle/i dela  “zavorra” eurocentrica: feudalesimo, nazione, religione…? Non c’è il rischio di omologare concettualmente situazioni diverse, e di appiattire differenze e particolarità? Il concetto di globalizzazione rischia di essere un macroconcetto poco utilizzabile in contesti specifici che presentano dinamiche diverse.

La finalizzazione teleologica  Le prospettive storico-globali corrono il rischio di costruire una genealogia dell’attuale processo di globalizzazione come svolgimento quasi inevitabile e naturale.

La storia e la connessione globale limitate alle sole relazioni con l’Europa

L’esempio è quello della storia dell’India che sarebbe stata liberata dalla stagnazione solo con il colonialismo, mentre già in epoca precoloniale intratteneva rapporti economici e culturali importanti con l’Africa, l’area araba e il Sud-Est asiatico.

La ricerca storica globale secondo Conrad deve affrontare una serie di questioni e evitare alcuni pericoli per poter sviluppare un proficuo dialogo critico al suo interno: il rischio di sostituire l’eurocentrismo con il sinocentrismo (come nel libro ReOrient di Frank); la sopravvalutazione dei fattori esterni, assegnando particolare valore al contesto spaziale nella spiegazione di eventi e processi; la sopravvalutazione delle connessioni, dei punti di contatto trascurando le particolarità; la feticizzazione della mobilità; la marginalizzazione degli approcci che soprattutto negli anni Ottanta hanno messo in evidenza l’importanza delle dimensioni storico-culturali e di storia del genere del passato; la tentazione di dimenticare che la storia globale è pur sempre una prospettiva per gettare un nuovo sguardo sul passato, non semplicemente un oggetto che esiste senza problemi.

Conrand insiste, come abbiamo già detto sulla pluralizzazione della storia globale e la “posizionalità” di ogni lettura del passato globale. E cita lo studioso della letteratura S. Krishan che mette in evidenza i meccanismi linguistici e narrativi attraverso i quali il mondo viene creato come unità connessa e interdipendente:

«Nelle discussioni recenti sulla globalizzazione viene tacitamente accettato che l’aggettivo “globale” si rivolga a un processo empirico, che ha luogo “lì fuori” nel mondo. [ … ] Al contrario io parto dal presupposto che “globale” descriva un modo della tematizzazione, o un modo di occuparsi del mondo». La lingua del globale suggerisce una trasparenza, un accesso diretto a un processo da osservare empiricamente: in effetti, però, si tratta di un modo che riassume diversi fenomeni in un comune discorso e così lo rende controllabile. Esso non rimanda al mondo in sé, ma alle condizioni e alle implicazioni dei modi istituzionalizzati per mezzo dei quali i diversi terreni e popoli di questo mondo vengono resi leggibili all’interno di un’unica cornice» (…). Il globale rappresenta la prospettiva dominante dalla quale il mondo viene prodotto come rappresentabile e controllabile». (p. 79).

[Notas]

1 S. Conrad, Storia globale. Un’introduzione, Roma, Carocci, 2015, p.18.

2 “Per fare un esempio, si può osservare il Kulturkampf in Baviera nel XIX secolo da un punto di vista di storia locale, con una problematizzazione storico-culturale o di storia di genere, o come parte della storia tedesca. Però lo si può anche collocare in maniera storicoglobale e intendere come espressione dei contrasti tra lo Stato liberale e le Chiese, che furono condotti nel XIX secolo in molte parti del mondo: in tutta Europa, ma anche in America Latina o in Giappone”. Ibidem, p. 20.

3 “Il crash della borsa di Vienna nel 1873 ebbe un’ importanza differente dalle crisi economiche del 1929 e 2008, perché il grado di collegamento dell’economia mondiale, ma anche l’intreccio mediatico degli anni intorno al 1870, non aveva ancora raggiunto la stessa densità che in seguito”. Idem.

Ernesto Pirillo

Acessar publicação original

[IF]

Introduzione alla World History – VANHAUTE (BC)

VANHAUTE, Eric. Introduzione alla World History. Bologna: Il Mulino, 2015. 268p. Resenha de: GUANCI, Enzo. Il Bollettino di Clio, n.5, p.61-63, giu., 2017.

Per segnalare questo bel libro di storia cominceremo dalla fine, dall’ultima pagina. Qui E. Vanhaute conclude la sua chiara illustrazione della world history, affermando che in buona sostanza, con la sua moltitudine di scale e di paradigmi, essa ha l’ambizione di spiegare, dandole un senso, la presenza umana sul pianeta; e lo fa inquadrando la storia dell’umanità in un “contesto sempre più vasto, coordinato e organico”. La parola-chiave è appunto “contesto”. La storia, infatti, viene compresa quando si riesce a coglierne l’essenza e ciò è possibile quando si riesce a guardare gli umani muoversi nel mondo, nel mondo intero. Per secoli così non è stato. Vanhaute, citando Braudel, ricorda che “avendo inventato il mestiere dello storico, l’Europa se n’è avvalsa a proprio vantaggio”, costruendo una storia eurocentrica.

Ancora oggi che disponiamo di un patrimonio di conoscenze sterminato, molto più vasto che nel passato, la storia della non-Europa stenta a farsi, a causa della disparità a favore della civiltà occidentale nella distribuzione di conoscenza.

L’abbandono del modello eurocentrico non significa, però, la ricerca di un altro “centro”. La wh non adotta un’unica scala di spazio e di tempo, da cui far scaturire tutte le altre. Ogni scala ha una sua autonomia, anche se parziale, in quanto interdipendente da tutte le altre. Le società umane, ricorda Vanhaute, sono sempre collegate tra loro per mezzo di una molteplicità di sistemi: sistemi economici, sistemi migratori, sistemi ecologici, sistemi culturali. Mediante analisi comparate dei sistemi e delle loro interconnessioni in un quadro transnazionale si può riuscire a fornire qualche risposta alle domande basilari della wh, che sono:  

In che modo i gruppi delle popolazioni appartenenti a differenti contesti spazio-temporali conseguono obiettivi simili con mezzi diversi (la riproduzione del sé fisico, del lavoro, delle conoscenze e delle scoperte a cui sono giunti, dei modelli sociali e culturali e, infine, della loro società)? Quali fattori (esterni, ossia ecologici; interni, e dunque sociali) producono risultati simili o dissimili?  In che modo le popolazioni sviluppano le loro società? E in che modo i sistemi sociali cambiano in seguito al contatto, all’interazione o al conflitto con altre società? Fino a che punto determinati sistemi sociali convivono fianco a fianco o prendono il sopravvento su altri sistemi?” (p.29).

Tre sono le dimensioni in cui si articolano le scienze umani e sociali: quella spaziale, quella temporale e quella tematica. Tutte e tre sono sempre frutto di scelte culturali: le scale spaziali, le periodizzazioni temporali, le unità di analisi tematiche. A tale proposito vale la pena di ricordare cosa non è (o non è soltanto) la wh. Essa non è:

“una storia universale o totalizzante: la storia di «tutto»;  una storia internazionale: non è solo la storia dei rapporti tra le «nazioni»;  una storia della civiltà (occidentale): è più di una storia dell’ascesa di una civiltà (occidentale);.

la storia del non-Occidente (in precedenza chiamata storia «coloniale» o «d’oltreoceano»: è più di una storia del mondo al di fuori dell’Occidente);  una storia sociale comparata: è più di una storia comparata delle società;  una storia della globalizzazione: il suo campo d’indagine è ben più vasto rispetto a quello della storia della globalizzazione.” (p. 27)

Vanhaute fa bene a sottolineare che le storie “universali” non costituiscono un’invenzione recente, anzi. Le narrazioni storiche che vanno oltre i confini spaziali del proprio paese hanno una lunga tradizione in Cina, Giappone, Asia sudoccidentale, nel mondo islamico, oltre che nella cultura occidentale. Ma sempre la concezione è teleologica: la propria civiltà costituisce il naturale punto di partenza e di arrivo, a dimostrazione della naturale propria superiorità. Le maggiori religioni monoteiste hanno elaborato un proprio specifico mito della creazione, mescolando predestinazione divina, mito e linguaggio simbolico con eventi realmente accaduti, con l’obiettivo di presentare una “verità generale, universale e spesso eterna”.

Vale la pena di ricordare due tra gli esempi riportati da Vanhaute: il De civitate Dei di sant’Agostino, la cui storia teleologica e senza tempo della città dell’uomo e della città di Dio fonda la tradizione dell’historia universalis del cristianesimo e le Storie nelle quali Erodoto cerca e descrive differenze e somiglianze dei popoli non-greci (barbaroi) con i greci.

Da segnalare, infine, la breve cronologia della storia umana proposta dall’autore all’inizio del volume, dopo aver precisato che il computo del tempo, pur rifacendosi al calendario cristiano, utilizza la dicitura “avanti e dopo era volgare”, «a.e.v.» e «d.e.v.», invece di «a.C.» e «d.C.» in quanto più neutra, così come vengono evitate categorie eurocentriche come «antichità», «Medioevo», «Rinascimento», «età moderna»:

Se questa è la scansione temporale delle principali trasformazioni che segnano i periodi della storia dell’umanità a scala mondiale, i temi presentati e sviluppati sono: la trasformazione demografica (un mondo umano), l’ecologia (un mondo naturale), l’alimentazione (un mondo agrario), le sovranità e i poteri (un mondo politico), le culture e le religioni (un mondo divino), l’Occidente e il resto del mondo (un mondo diviso), globalizzazione o globalizzazioni? (un mondo globale), sviluppo e povertà (un mondo diviso), unità e frammentazione (un mondo frammentato).

Sedici pagine di bibliografia e sitografia forniscono indicazioni di studio generale e tematico per una nuova storia dell’umanità.

Enzo Guanci Acessar publicação original

[IF]

Stories of the Century: World History from 1900 to 2000 – GARDNER et al (CSS)

GARDNER, Robert; PARSONS, Jim; ZWICKY, Lynn. Stories of the Century: World History from 1900 to 2000. Edmonton AB: Duval House Publishing, 2003. 256p. Resenha de: HORTON, Todd. Canadian Social Studies, v.41, n.1, p., 2008.

According to the Duval House website, this textbook was written as a comprehensive history to fit the Alberta Social Studies 33 Global Interaction: The 20th Century and Today curriculum. Stories of the Century: World History from 1900 to 2000 does indeed cover the customary highlights expected of most 20th century social studies and history courses taught in Canadian schools, but it is not as comprehensive as it could be.

Authors Gardner, Parsons and Zwicky chose an interesting array of photographs to include on the cover of the book. A few are of people who have had an extraordinary impact on the 20th century N elson Mandela, Lester B. Pearson at the United Nations, Neil Armstrong walking on the moon and Mahatma Ghandi in India. However most of the photographs are of ordinary people facing the challenges of their lives a group of aboriginal children playing orchestral instruments, soldiers in a World War I trench, a Vietnamese mother carrying a child on her back against the backdrop of a military tank, a crowd marching in support of Vicente Fox in Mexico and a weary Chilean woman with the picture of her missing son hanging from her neck. The juxtaposition of ordinary and extraordinary people illustrates how macro and micro events intertwine, each impacting the other. This is most clearly evident in the large cover photograph of a young man, probably from the former Soviet Union, holding a placard of Vladimir Lenin with an X through the image while a massive billboard of Lenin stands behind him. Lenins rise to prominence was one of the macro events that transpired during the early 20th century but this mans protest of his legacy is occurring on the street, at the micro event level, perhaps helping to precipitate the fall of the Soviet Union in the waning years of the century. Students historical understanding would benefit greatly from an examination of this combination of photographs.

Early in the textbook the authors attempt to establish the perspectives from which they have written this history. The first perspective is chronological. Though historians may quibble about when the century actually began and ended (see the discussion of Lukacks, Hobsbawms and Fukuyamas views on page 3), it is difficult to imagine a history textbook written for the school system completely ignoring chronology. The western understanding of linear time is simply too powerful in reader and publisher expectation.

The book is chaptered as follows: 1) 1900 to 1914 The World at the Turn of the Century, 2) 1914 to 1918 World War I, 3) 1919 to1929 Modern Attitudes, 4) 1929 to 1939 The Great Depression and the Road to War, 5) 1939 to1945 World War II, 6)1945 to 1950 The Postwar Agreements and the Beginning of the Cold War, 7) 1950 to 1960 The Cold War Heats Up, 8) 1960 to 1975 To the Brink of Nuclear War and Back, 9) 1975 to 1985 The New Arms Race, 10) 1985 to 1991 The End of the Cold War and the Collapse of the Soviet Union, 11) 1991 to 2000 After the Cold War, 12) After 2000 Old Stories and New Stories in the 21st Century.

There is nothing wrong with a chronological format to a textbook, and some educators might argue that it is imperative for students growing understanding of history. However, a textbook needs to be more that a march through time. Piling names and dates one on top of the other does not, in and of itself, help students develop complex historical understanding, or engage students in a way that captures their imagination. Thankfully, the authors have included other angles to assist and interest students.

The other angles are evident in the second and third perspectives used in writing the textbook. The second perspective noted is a focus on the interaction among the powerful nations of the world (4) because this interaction provides the main themes that shaped the lives of people all over the world. This is a clear articulation of the fact that this textbook will not be comprehensive to the extent that all histories will be included. It limits what will be addressed, a necessary aspect of any written product, while highlighting a concept of enormous complexity, importance and interest power. I was prepared to accept this limited focus at face value and settle in for an exploration of the military battles, social movements and ideological standoffs suggested in the chapter titles. However, the authors seemed to want to have it all ways by introducing a third and final perspective.

The third perspective includes stories from other regions of the world which may or may not have been profoundly impacted by the interactions of the powerful nations, but because were a nation of people from other regions a multicultural country that needs a multihistorical understanding of the past (4) this was deemed prudent. There is nothing inherently wrong with writing a textbook from this perspective but it does set the authors up for criticism when a regional history deemed to be significant by a particular segment of the Canadian population is overlooked. As well, including stories from other regions of the world should go beyond their service to our cultural diversity or understanding of the present. Sometimes teachers simply want to illustrate a variety of ways of being in the world, different approaches to understanding family, school, work, leisure, friendship, conflict, and even power. In this sense, including a story of Australian aborigines or Tibetan monks may be for no other reason but to expose students to the multiplicity of possibilities that are part of our global experience. Still, the authors must be commended for attempting to explain their perspectives and establishing foci that are both interesting and important for students.

Gardner, Parsons and Zwicky wisely included a page outlining How to Use This Book (IV). It explains that each chapter is divided into two sections: a main section and a newspaper section. The main sections incorporate: a) focus questions at the beginning of each chapter, b) a chronological presentation of key events, c) terms in bold that appear in the glossary, d) feature columns that expand on important ideas, e) timelines and charts that summarize key information, f) photographs, cartoons, diagrams, and maps, g) notes about culture, science and technology, h) review questions at the end of each chapter, and i) a glossary at the back of the book to define key terms.

I had no difficulty with any parts of the main sections as they were well formatted, thoughtfully integrated into the chapter and no one part was over or under used. Indeed, I was particularly impressed with the review questions at the end of each chapter. While some questions such as what event triggered World War I, and where did it occur? (34), are of the knowledge variety, many ushered students into the upper levels of Blooms Taxonomy, encouraging application, analysis, synthesis and evaluation. An example of this is the following question: Imagine that everyone in the world had enough food and money, no matter who they were and what they did. Would this be a good thing? Jot down a list of problems this would solve and a list of problems this would create. In one or two sentences, state your opinion at the bottom of your lists. Compare your opinion with the opinions of your classmates. Talk about why you agree or disagree. How does where you start from shape your opinion about this? (237).

This is a question expecting a level of thought too often absent from school textbooks. My main area of difficulty was related to the second or newspaper section. Here, headline stories from around the world, region by region (IV) are presented in newspaper format. At first glance this appears to be an interesting way to summarize information for students while introducing them to stories outside the focus of the main section. However, as is the criticism that the authors opened themselves up to, there are several glaring omissions. After a thorough examination of each chapters newspaper section, there is no mention whatsoever of Australia, New Zealand or the South Pacific region. If the index is any indication, this part of the world did not rate inclusion in the textbook at all save for a few maps! Australia and New Zealands contributions to the war effort of both World Wars, their challenges with aboriginal peoples and their influence in the southern hemisphere relative to Indonesia, Vietnam and East Timor might have warranted space, if only for appearances of being comprehensive.

I was also struck by the lack of any mention of Idi Amin, the brutal leader of Uganda during the 1970s; Muammar al-Qaddafi and the U.S. attack on Libya in 1986 and the rise of Islamic fundamentalism; and the establishment of an Islamic state in Sudan in the late 1990s. These entries would not only expand the segments on Africa, an often neglected part of the globe, but they fit with the conceptual focus of power that the textbook is using as well.

These criticisms aside, the textbook is a worthwhile contribution to social studies education and the authors should be commended for prominently noting the assistance of Jane Samson, as an advisor on historical accuracy, and Murray Hoke, as bias reviewer.

Todd Horton – Nipissing University. North Bay, Ontario.

Acessar publicação original

[IF]

 

Historia y Sociedad | UNAL | 1994

Historia y Sociedad

La revista Historia y Sociedad (Medelín, 1994-) se fundó por el profesor Luis Antonio Restrepo Arango. Es una publicación financiada y editada por la Universidad Nacional de Colombia – Sede Medellín ­- Facultad de Ciencias Humanas y Económicas – Departamento de Historia. La revista publica artículos en español, inglés y portugués que sean originales, inéditos y resultados de investigación desde diferentes enfoques sobre cualquier aspecto de la historia colombiana, latinoamericana y mundial a partir el siglo XV hasta la historia del tiempo presente. También publica revisiones historiográficas, transcripciones de documentos de archivo y reseñas sobre producción historiográfica reciente.

El objetivo de la revista es abrir espacios para la difusión de investigaciones históricas de académicos provenientes de todas las partes del mundo y promover su circulación entre estudiantes de pregrado, posgrado y público en general, con el propósito de contribuir a la discusión académica y al fortalecimiento del conocimiento histórico y de las humanidades.

La revista se dirige a un público científico geográficamente diverso y con amplia trayectoria académica, particularmente, publica a científicos sociales graduados, estudiantes de posgrado, profesores e investigadores graduados activos. Los artículos no pueden estar simultáneamente en proceso de evaluación en otra publicación.

Periodicidade semestral.

Acesso livre.

ISSN 0121-8417

E-ISSN 2357-4720

ISSN-L 0121-8417

Acessar resenhas

Acessar dossiês

Acessar sumários

Acessar arquivos